La sovranità dei piccoli
Grazie amici per aver organizzato anche il 5° incontro de “Il Vangelo che abbiamo ricevuto”. E' un'occasione per riflettere, in sintonia con il Convegno romano del 15 settembre sul Concilio, sulla sostanza della fede cristiana e sulla corresponsabilità ecclesiale.
Pensando alle parole sul Regno a noi vicino, viene in mente la discussione dei discepoli su chi fosse il più grande nel regno dei cieli e la risposta di Gesù in Matteo (18,2): “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli. Chi dunque si fa piccolo come questo fanciullo, questi sarà il più grande nel Regno dei cieli. Se uno accoglie un solo fanciullo come questo nel mio nome, accoglie me”. Marco (9, 36-37) racconta che Gesù, stringendo un bambino tra le braccia, dice: “chi accoglie uno di questi bambini in nome mio accoglie me”. Notevole la preghiera di ringraziamento al Padre in Luca (10,21) perché ha nascosto i misteri del regno ai sapienti e li ha rivelati ai piccoli. Sconcertante l'espressione in Matteo (21,31) sui pubblicani e le prostitute che precederanno molti nel Regno di Dio. Splendide le parabole del Regno in Matteo 13, in particolare quella del chicco di senape, “il più piccolo di tutti i semi”, sepolto per diventare un grande albero.
Insomma, la buona notizia è una rivoluzione: il più grande è colui che si fa piccolo, che si disarma dell'arroganza di comando e della pretesa di possesso. Non è scritto tornare ma diventare bambini; non è chiesto di regredire o di bamboleggiare ma di generare una matura novità, di uscire dalla preistoria violenta o impaurita in cui viviamo, di aprire il tempo delle relazioni vitali, cioè di essere e fare pace: di diventare quello che non siamo mai stati.
La sapienza evangelica è imprevedibile e paradossale, radicale e alternativa. Fa irrompere un futuro inedito nel presente: diventare bambini è imparare a rinascere. In tale contesto, dinamiche politiche ed ecclesiali centrate sulla povertà e scelte personali di sobrietà si intrecciano e si sorreggono a vicenda. Il Regno è vicino dove c'è accoglienza, dove si afferma la sovranità dei piccoli e dove è in atto la conversione all'infanzia come dono, gioco, stupore. Dove, cioè, una comunità cristiana è pronta a rinascere in relazioni gratuite, gioiose, aperte all'amicizia e alla ricerca del bene.
Giovanni XXIII diceva che l'amore della verità ci fa vivere in “una infanzia perenne” o che “la Chiesa non ha mai finito di nascere”. Per questo definiva il Concilio inizio dell'aurora (tantum aurora est). Dono e responsabilità. Siamo invitati a respirare la freschezza dell’alba, a sperimentare l’emozione di un nuovo inizio, a gustare la trinità nella creazione permanente. I bambini e le bambine cantano “il sogno del mondo”. Indicano la nuova creazione possibile qui e ora, propongono l’esistenza come per-dono: sbocciare nell'essere come donazione e azione gratuita. I nostri bambini e le nostre bambine ci invitano a vivere il principio-speranza, la profezia della pace. Per questo occorre alimentare la fiducia nel risveglio di nuove aurore. Quella fragile del Concilio, della Chiesa povera e dei poveri. Quella che Tonino Bello (nel 982) invocava come “gioia di prendere il largo”, “capacità di inventarsi”, “progettare insieme”, “osare insieme”. Cioè l'avventura della pace come bellezza piena di vita e di immensa grazia.
Shalom e buon cammino. Sergio Paronetto (Pax Christi)