L’oggetto del contendere

14 novembre 2012 - Renato Sacco

Tutto come da copione. Scandalo compreso. E ovviamente, dietro allo scandalo… l’oggetto del contendere: la donna. Si, perché il gran parlare sul generale Petraeus conferma la considerazione della donna, appunto ‘oggetto’ del contendere. Ma che strano! Fiumi di inchiostro, servizi televisivi, con un po’ di morbosità che non guasta per le migliaia di mail: chissà cosa ci sarà scritto? Uno scandalo ‘inaccettabile’, come è stato definito dallo stesso protagonista! Non entro in merito alla questione che certo avrà tutte le implicazioni politico-nazionali-internazionali di sicurezza ecc. ecc.
Ma perché nessuno ha gridato alla scandalo quando il generale Petraeus ha progettato e realizzato la spartizione etnica della ex Jugoslavia? È normale, dirà qualcuno, è il suo mestiere di generale. E, infatti, molti scrivono della sua brillante carriera. Sì, perché dopo la ex Jugoslavia Petraeus è andato in Iraq a programmare anche lì la divisione, non ancora realizzata, tra Sciiti, Sunniti e Curdi. Poco importa se poi le minoranze vengano cancellate, cristiani compresi. Nessuno scandalo, tutto normale: la guerra, i massacri, le spartizioni, le violenze. Brillante carriera! E dopo l’Iraq eccolo capo in Afghanistan, e poi la Cia.
Autorevoli commentatori dissertavano in questi giorni sul fatto che una relazione extra-coniugale è considerata addirittura reato all’interno dell’esercito. Che notizia! Peccato che nessuno osi insinuare che il vero scandalo è la guerra! La si considera una cosa normale. Anzi, se la fai bene, diventa occasione per una ‘brillante carriera’. In questa logica la guerra non è poi una cosa così brutta… Se proprio si ammazza un po’ di gente per sbaglio si chiede scusa, e tutto finisce lì.
Nella ‘cultura’ di guerra, che rischia di coinvolgere ognuno di noi, l’altro non esiste, neanche da morto. Chi ha contato le vittime della guerra in Iraq o in Afghanistan? Quando muoiono ‘gli altri’ si minimizza o si dice che era operazione di bonifica del territorio, una missione. Se muoiono i nostri diventa una strage, come appunto a Nassyria. Ma non sempre però è una strage. Perché a sentire i discorsi di questi giorni sulla Festa del IV novembre in Italia, nessuno – almeno di quelli che ho potuto sentire o leggere – ha usato la parola strage per la prima guerra mondiale, che pure era stata usata da papa Benedetto XV nel 1917. E non sapeva ancora che i morti, solo italiani, sarebbero stati 650.000. No, quella non fu una strage! Come dire c’è strage e strage. C’ è scandalo e scandalo! E poi si sa, nel grande mondo affascinante della guerra c’è sempre posto per l’oscuro oggetto del desiderio, da che mondo è mondo. E poi la donna non era anche il riposo del guerriero? E i morti delle varie guerre? Beh, non sono l’oggetto del contendere. Oggi ‘l’oggetto’ del contendere è un altro.

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