Un nuovo Patriarca per la terra di Abramo
Inizia a Roma questa mattina, 28 gennaio, il Sinodo dei vescovi caldei, convocato dal Papa per eleggere il successore dell’attuale Patriarca di Babilonia dei caldei, il card. Emmauel III Delly, ottantacinquenne, dimissionario.
L’Iraq, la terra di Abramo, la terra dei due fiumi, terra insanguinata da troppe guerre (in alcune era coinvolta direttamente anche l’Italia, nel 1991 e le 2003), terra dell’embargo e delle armi all’uranio e al fosforo bianco. Terra che ha visto molti profughi fuggire, magari in altri paesi come la Siria, dove la tragedia continua. Terra di rapimenti e massacri. Terra dove le minoranze rischiano di essere cancellate, comprese i cristiani. Terra impregnata di petrolio, benedizione e maledizione per quel Paese. Terra di un dittatore molto coccolato dall’Occidente, comprese l’Italia, a cui abbiamo venduto armi di ogni tipo.
Pax Christi da sempre coltiva molti legami con tante persone in Iraq. Molte volte, anche durante la guerra, siamo stati là, nelle loro case, chiese e moschee, semplicemente per dire loro che non si sentano dimenticati. Per questo seguiamo con apprensione, emozione e amicizia questo Sinodo. L’Iraq è un mosaico che rischia di essere distrutto. Qualcuno teme una ‘spartizione’, un Paese diviso in tre parti. Motivo in più per non lasciarli soli. Per ricordare i tanti amici rapiti e uccisi, uno per tutti: il vescovo di Mosul, mons. Rahho. Forse anche come Chiesa cattolica, cioè universale, dovevamo e potevamo fare di più. Non accontentarci della parole forti del Papa contro la guerra ‘avventura senza ritorno’, non limitarci a ricordare il Vescovo Rahho – ritrovato morto dopo il rapimento avvenuto alla fine del febbraio 2008 – in qualche flebile preghiera. Non accontentarci di mandare aiuti economici, importanti certo, ma non esaustivi di un bisogno di vicinanza umana, di comprensione e solidarietà che vanno oltre alle cose materiali.
Un bisogno di sentimenti condivisi, che vanno oltre alle ‘cose’ concrete e alle logiche delle cancellerie, politiche ed ecclesiastiche.
Per questo accompagniamo questo Sinodo, invochiamo lo Spirito e preghiamo - come qualcuno ha scritto nei giorni scorsi – “per un patriarca che sia padre e pastore per tutti: cristiani e non; un uomo aperto, ecumenico, che sa dialogare, coraggioso e capace di assumere buone iniziative. Una persona che unisce e non divide. Uno che conosce la situazione del Paese e la politica – nel centro, come nel Kurdistan – e che sia cosciente delle sfide. Che cerca, assieme a tutti gli uomini di buona volontà, soluzioni concrete. Desideroso di collaborare con le altre Chiese del Medio oriente per applicare l'Esortazione apostolica ‘La Chiesa in Medio oriente: comunione e testimonianza’, per un futuro migliore per tutti”.