La civiltà della pena di morte

20 febbraio 2013 - Tonio Dell'Olio

Warren Hill è il nome di un uomo afroamericano della Georgia. Ma è anche il nome di una vergogna della civiltà vantata a suon di scoperte e di progressi in ogni campo ma che ancora non riesce a superare la vendetta istituzionalizzata che si chiama pena di morte. Perché Warren Hill è anche il nome di un condannato a morte che è già scampato per due volte all'esecuzione. Pensate che sarebbe stato ucciso questa notte scorsa quando in Italia era l'una e gli avevano già somministrato il sedativo per poterlo condurre nel luogo dell'esecuzione del penitenziario di Jakson. Poi finalmente la Corte ha accolto il ricorso delle associazioni dei diritti umani che, tramite perizie, hanno dimostrato il ritardo mentale dell'imputato. La Corte suprema degli Usa ha stabilito che “le persone con ritardi mentali dovrebbero categoricamente essere escluse dalle esecuzioni” ma ha lasciato ai singoli Stati la facoltà di stabilire i parametri per poter subire o meno la condanna. È avvenuto così che un giudice della Corte della Georgia, all'ultimo momento ha stabilito che l'handicap di Warren fosse tale da escluderlo dall'esecuzione. Non penso ci sia tortura peggiore per un uomo. Fosse anche il peggiore di tutti i delinquenti.

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