I pepenadores
A guardarli dai nostri salotti o attraverso le nostre televisioni sono tra i più sventurati del mondo. Sono quelli che per sopravvivere sono costretti a rovistare nella spazzatura. Molto spesso proprio tra i rifiuti poveri di una società che non naviga nel benessere. Li ho incontrati a Korogocho in Kenya, a Buenos Aires dove li chiamano Cartoneros... A Oaxaca, capitale dell'omonimo stato messicano, sono i pepenadores e traggono sussistenza direttamente dalla megadiscarica della città. Contendono i rifiuti ai grandi uccelli neri e ai cani che affollano il luogo, rovistano con le mani compromettendo la propria salute, entrano in conflitto con altri gruppi che si installano nelle vicinanze della discarica per poter usufruire delle stesse "risorse". Li abbiamo incontrati grazie a Sikanda e al Gruppo Abele che da qualche anno stanno cercando di organizzarli in impresa. Guanti, mascherine e giubbotti di riconoscimento per salvaguardare al minimo le condizioni di lavoro; contatti e accordi commerciali con le imprese che raccolgono carta, metalli, plastica, rifiuti tecnologici e con la municipalità. Ma soprattutto un progetto di riciclaggio dell'umido con la trasformazione in compost e fertilizzanti naturali grazie all'impiego dei lombrichi rossi della California. Un'impresa che diventa anche un percorso didattico di cui i pepenadores diventano i formatori. Un progetto in continua evoluzione di cui sono protagonisti alcuni cooperanti italiani come Aurelia di Spoleto ed Emiliano di Siena insieme a Josè Carlos e Genevieve della Costa D'Avorio. Storie anonime che meritano d'essere raccontate. Piccoli passi per riconoscere dignità e costruire giustizia.