Malala Yousafzai: mandate penne, non fucili
Vengo da un posto paradisiaco chiamato Swat, nel Nord del Pakistan. Tre anni fa, Swat era nel mirino dei terroristi. Nel gennaio del 2009 i terroristi massacravano due o tre persone innocenti ogni sera. Toglievano alle donne il diritto alla libertà e all’uguaglianza. Facevano saltare in aria le scuole, più di quattrocento. Ci strappavano di mano le penne, e noi dovevamo nascondere i libri sotto la camicia, fare finta che non studiavamo. I cosiddetti Talebani avevano paura della forza delle donne, avevano paura della forza dell’istruzione.
In quel periodo, noi non rimanemmo in silenzio: facemmo sentire la nostra voce, facemmo sentire la nostra voce per il diritto all’istruzione. Dicevamo che in quest’epoca moderna non studiare significa non avere strumenti, specialmente i bambini, dicevamo che in quel modo spingevano le donne e le bambine indietro, all’età della pietra. Solo poche persone fecero sentire la loro voce, ma la voce che si levava a chiedere pace e istruzione era forte. Quando nessuno parla e tutto il mondo resta in silenzio, anche una voce sola assume una grande forza. Swat ora è un luogo pacifico: non ci sono terroristi, le scuole sono riaperte e molte bambine vanno a scuola.
Cari fratelli e sorelle, voi siete sicuramente molto orgogliosi di studiare e aver studiato in questa prestigiosa università. Questa università ha grandi valori e grandi tradizioni. Questa istituzione dinamica ha illuminato generazioni intere negli ultimi 376 anni. Voi avete sicuramente i vostri sogni, come è vostro pieno diritto. Ma tutti noi, tutti noi dobbiamo avere un sogno in comune: l’istruzione e la pace. Dobbiamo pensare a un futuro radioso, e non dimenticarci che dobbiamo fare moltissimo per i bambini che vivono in Paesi in sofferenza, perché i bambini, e in particolare le bambine, devono fronteggiare molti problemi, come il lavoro minorile, il traffico di minori, la disuguaglianza e le norme e tradizioni culturali. Dobbiamo pensare ai siriani, che sono senza una casa, e ai bambini siriani che non possono studiare. I bambini pakistani e afghani sono vittime del terrorismo. Non dobbiamo dimenticarci che in India i bambini vengono sfruttati sul lavoro. In molti Paesi, come la Nigeria, le bambine sono costrette a sposarsi, e sono vittime della violenza settaria. Non dobbiamo dimenticarci che in molti Paesi africani i bambini non hanno da mangiare e non hanno acqua pulita da bere, e hanno una grande fame di istruzione. Non dobbiamo dimenticarci che le donne non sono nemmeno accettate come esseri umani, che i loro diritti vengono negati o trascurati, anche nei Paesi sviluppati: anche nei Paesi sviluppati alle donne non vengono date le opportunità per progredire ed essere ciò che sono.
Ma non siamo qui, fratelli e sorelle, per fare un lungo elenco dei problemi che abbiamo di fronte: noi siamo qui per trovare la soluzione. E la soluzione è una sola, ed è molto semplice: istruzione, istruzione, istruzione. E oggi chiediamo alle potenze mondiali, chiediamo loro di capire che non si può mai mettere fine a una guerra con una guerra. Si possono combattere le guerre attraverso il dialogo e l’istruzione. E chiediamo alle potenze mondiali, se vogliono vedere la pace in Siria, in Pakistan, in Afghanistan, di non mandare fucili, ma penne; di non mandare carri armati, ma libri; di non mandare soldati, ma insegnanti.
E ricordiamoci che anche un solo libro, una sola penna, un solo bambino e un solo insegnante possono cambiare il mondo. Oggi dobbiamo sognare! Sognare un futuro radioso, dove ogni bambina e ogni bambino potranno andare a scuola; dove i diritti delle donne saranno riconosciuti e dove ci sarà uguaglianza e giustizia. Difendiamo i nostri diritti, combattiamo per i nostri diritti. Noi saremo il futuro, costruiamo il nostro futuro oggi e trasformiamo i sogni di oggi nella realtà di domani.
Tratto dal discorso che la giovane attivista pakistana Malala Yousafzai ha tenuto il 28 settembre a Harvard
(Traduzione di Fabio Galimberti)