Onoriamo i poveri
Il 2 luglio 2009, con l’ennesimo voto di fiducia, il Parlamento Italiano introduceva il reato di clandestinità. Qualche giorno immediatamente dopo (10 luglio) circa 100 tra sacerdoti religiosi e religiose firmavano una dichiarazione pubblica di obiezione di coscienza. Andando incontro al rischio di essere incriminati per favoreggiamento si dichiaravano disponibili ad accogliere tutte le persone migranti in condizione di bisogno. In questi giorni in cui la tragedia di Lampedusa impone all’agenda politica di rivedere quelle norme, penso sia opportuno riproporre quel testo dal titolo “Onoriamo i poveri”.
Come scelta e impegno di vita siamo stati chiamati e mandati a dare ed essere buona notizia per i poveri. La legge-sicurezza, emanata dal Governo in questi giorni, discrimina, rifiuta e criminalizza proprio i più poveri e i più disperati. Riteniamo strumentale e pretestuosa la categoria della clandestinità loro applicata. È lo Stato che rifiuta il riconoscimento. Per chi perde il lavoro a causa della crisi, è lo Stato che induce alla clandestinità, decidendo arbitrariamente l’interruzione della regolarizzazione. Di null’altro sono colpevoli queste persone se non di essere troppo bisognose. Per lo Stato italiano oggi è questo che costituisce reato. Molti di noi provengono da una situazione di indigenza. Con i fatti e non solo a parole ci riconosciamo nella umanità e nella dignità di tutte le persone, che vengono colpite da questa legge iniqua; intendiamo onorare i poveri. Se non lo facessimo negheremmo le nostre persone e la nostra missione e tradiremmo le nostre comunità. Perciò dichiariamo in coscienza la nostra obiezione pubblica. Vale anche per noi “bisogna obbedire a Dio, invece che agli uomini” (Atti5,29). Siamo incoraggiati in questa decisione, non solo in riferimento alla fede, ma anche come comuni cittadini, in ottemperanza alle leggi sottoscritte e vincolanti per lo Stato italiano: dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, alla Convenzione sullo stato dei rifugiati, alla Convenzione sui diritti dell’infanzia e alla nostra stessa Costituzione, che questa legge - sicurezza non ha tenuto in considerazione. Perciò la nostra disobbedienza non riguarda soltanto il nostro comportamento individuale, ma faremo quanto è in nostro potere, perché un numero sempre crescente di cittadini metta in atto pratiche di accoglienza, di solidarietà e anche di disobbedienza pubblica, perché nel tempo più breve possibile questa legge venga radicalmente cambiata.
Padova, 10 luglio 2009