I macigni sulla coscienza
Per molti forse è solo un ricordo sbiadito. Non può esserlo per mamma Angela e gli altri suoi tre figli. Simonetta Lamberti aveva solo 11 anni e tanta vita negli occhi quando il 29 maggio 1982, tornando a Cava de Tirreni dopo una bella giornata di mare, un killer assoldato dalla camorra la uccise nel tentativo di colpire il padre Alfonso, sostituto procuratore a Sala Consilina (SA), che in quell’attentato rimase ferito. Dopo 31 anni, solo ieri Antonio Pignataro, pentito di camorra, ha vuotato la sua coscienza raccontando come sono andati i fatti e ammettendo di aver partecipato all’omicidio. “Mi sono tolto un macigno” – ha detto. Quanti macigni gravano ancora sulla coscienza di tanti? Troppi se si considera che il 70% dei familiari di vittime innocenti di mafia in Italia non conosce il nome di colui o coloro che hanno segnato per sempre la loro vita – come ha ricordato don Ciotti dall’aula in cui si celebra il processo. Soprattutto per questo non dobbiamo rallentare la semina di giustizia. Sono semi che germogliano lentamente ma destinati a donare frutti abbondanti. I macigni si possono rimuovere, si devono rimuovere.