Ci manca solo il Cavour

15 ottobre 2013 - Renato Sacco

Il Cavour è una nave da guerra, lunga 244 metri, larga 39, ha 1210 posti, equipaggio compreso. È costata, dice il ministero della Difesa, 1,39 miliardi di Euro. È il gioiello della Marina militare italiana. Ci manca solo che, con l’operazione Mare Nostrum ce la vediamo spuntare da dietro l’angolo per contribuire ad “un'operazione militare ed umanitaria che prevede il rafforzamento del dispositivo di sorveglianza e soccorso in alto mare per incrementare il livello sicurezza delle vite umane”. Dice il Ministro Mauro che verranno anche usati i droni, gli aerei senza pilota, una nave anfibia e 4 altre navi della Marina: due pattugliatori e due fregate.
Anche per il terremoto di Haiti l’Italia ha mandato il Cavour. A dire il vero è andato prima in Brasile per fare vetrina militare, visto che il viaggio era pagato dalle grande industrie militari. Qualcuno dice che forse erano più adatte le motovedette invece delle navi da guerra. In ogni situazione il capofila è sempre il ‘militare’. A ruota, e a volte come copertura, segue l’umanitario. In Afghanistan la presenza militare costa all'Italia due milioni di euro al giorno. Non si finanziano piccoli progetti nei villaggi, perché non hanno un ritorno visibile, ma solo grandi progetti, tanti soldi, pesano di più.
È 'l’umanitario' spesso serve a giustificare ‘il militare’. In caso di alluvioni, terremoti o altro chi interviene? L’esercito! E se i sindaci sono in difficoltà per qualche calamità chi chiamano? L’esercito. Poi lo dovranno anche pagare, ma sono dettagli. Si potrebbe dire ‘militare è bello’.
E di fronte a chi scappa da tragedie, da regimi dittatoriali o da guerre mandiamo le navi da guerra. Se uno fugge dalle tragedie avrebbe bisogno di essere facilitato non pattugliato o magari respinto. Pax Christi, insieme a tanti altri, chiede che ci sia un corridoio umanitario, per facilitare, per accogliere umanamente.
E sarà sempre più dura criticare le spese militari, compresi i droni, perché sono ‘umanitari’, sono per la pace. Nella notte del terremoto all’Aquila qualcuno si fregava le mani. Non voglio pensare, farei peccato, che una tragedia come i morti del Mediterraneo diventi una grande oppurtunità per le lobby militari. Non lo penso!
Resta l’amara constatazione di quello che diceva il Ministro Mauro: “per amare la pace bisogna armare la pace” . Sempre lì siamo.

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