Francesco "riformatore"

22 ottobre 2013 - Giancarla Codrignani

Non c'è professore di storia che, trattando la Riforma luterana, non abbia evocato il danno subito dall'Italia per non aver avuto parte al fenomeno che ha agitato la Germania e il Nord Europa. Il quinto centenario è in dirittura d'arrivo e avremo modo di riparlare della questione.
Intanto solo una fantasia: volete vedere che ci arriveremo "riformati" anche noi?
Lutero era un monaco agostiniano di vocazione adulta, prete, teologo: inviato a Roma, si dice che, in onore ai martiri che l'avevano bagnata con il loro sangue, si inginocchiasse entrando nella città, per come la immaginava lui, santa. Si accorse dello stile di vita del clero romano e se ne scandalizzò. Poco dopo (Lutero era tornato in Germania) Leone X deliberò la concessione dell'indulgenza a chi andasse pellegrino a Roma e, confessato e comunicato, devolvesse un'offerta per la costruzione di san Pietro. I dubbi di Lutero diventarono 95 tesi teologiche che inchiodò sulle porte del duomo di Wittemberg con le note conseguenze. Anche se l'intento del cattolico Lutero era la denuncia, non necessariamente lo scisma.
In questi ultimi anni non solo in Italia si sono diffuse pubblicazioni che preconizzavano lo "scisma silenzioso" interno alla Chiesa, fatto di secolarizzazione, di abbandoni crescenti, di cattolici (e cattoliche) non più praticanti, di disobbedienti alle norme ecclesiastiche sulla morale sessuale. Era la conseguenza deleteria dell'aver tarpato le al Vaticano II.
Repentinamente lo Spirito Santo ha portato al soglio papa Francesco: prima che la barca di Pietro imbarcasse altra acqua e andasse a fondo, il papa gesuita ha promosso una voglia di Riforma, inchiodandola per ora metaforicamente alle interviste. Se nel 1517 Papa, cardinali e curia avessero avuto lo stesso coraggio, il Concilio di Trento sarebbe stato diversamente famoso e ci saremmo risparmiati la Controriforma e qualche rogo.
Il nuovo Papa e Vescovo di Roma - in una situazione inedita per la presenza del papa dimessosi - ha toccato quasi tutti i temi bisognosi di innovazione: manca solo un intervento sul celibato obbligatorio da cancellare, sull'ordinariato militare da sopprimere restituendo i relativi stipendi allo Stato italiano e sulle donne. Sembra che su quest'ultimo tema abbia una gran voglia di esprimersi, mentre le donne, che l'hanno sentito già negare il sacerdozio e rifare i discorsi tradizionali sulla vita, embrione compreso, non vorrebbero mai che, come arriva a prevedere Juan Arias, credesse di risolvere la questione regalando loro un cardinalato femminile, segno di omologazione al modello unico maschile e non di riconoscimento di una soggettività esclusa. Fin qui ha parlato da "peccatore" a dei peccatori e da vescovo ai cristiani; si è richiamato costantemente al Vangelo e ai valori umani; ha valorizzato il fatto religioso senza discriminare le confessioni non cattoliche e le altre religioni; ha dato il primato alla coscienza a tutti gli uomini di buona volontà, compresi gli atei, attribuendo la salvezza anche a chi non crede. Chi si era sentito allontanato e chi era anticlericale riceveva la comprensione del Papa ("io sono anticlericale") e anche chi resta pervicacemente ateo è contento di un rapporto amicale imprevisto. Se la Chiesa si riprenderà dalla depressione, sarà per la difesa a partibus infidelium.
Tutto questo è passato dentro una relazione con il mondo assolutamente inedita. Ma esiste anche - non dobbiamo esasperarla, ovviamente, e ancora una volta è Francesco il primo a sostenerlo - la dottrina. Bello, infatti, ragionare in libertà, ma bisognerà anche trarre qualche conseguenza non astratta. Bisognerà buttare via un sacco di paragrafi del "nuovo" Catechismo, rileggere quasi tutti i dogmi, consolidare le amabili conversazioni che ci hanno confortato in questi mesi. Bisognerà tenere conto di quelli a cui tutto quello che nella pubblica opinione produce entusiasmo non piace. Non dico i lefevriani, ma i devoti, quelli che hanno speso la vita baciando la mano ai vescovi, andando in pellegrinaggio a Medjugorya o da padre Pio, ascoltando da molti parroci e vescovi esattamente l'opposto di quanto viene dicendo papa Francesco. E il clero che è sempre stato "obbediente" ai superiori per convinzione e per convenzione.
Il Papa gesuita potrà essere meno ingenuo di Lutero (e più "furbo" di Leone X) e darei per certo che userà sapientemente del tempo. Sempre che sia aiutato - non solo a parole ma con l'intervento attivo fin dai Consigli pastorali - dai laici, vincerà la partita e riscatterà il ritardo dei duecento anni recriminati da Carlo Maria Martini. Giusto il tempo di arrivare al 2017, anno dell'altra Riforma.

Koinonia 20 ottobre 2013

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