Umiliati
Ti chiedo perdono, caro Ahmed, per tutto il trattamento inumano che ti abbiamo riservato soprattutto da quando sei arrivato in Italia. I fatti del CIE di Lampedusa documentati furtivamente con un telefonino offendono e umiliano non soltanto le persone migranti, ma anche ciascun cittadino di questo Paese. Offendono l’umanità. Si è detto che è una vergogna. Ma è molto di più. Sei eritreo, siriano, tunisno o sudanese. Forse nel centro di Aleppo avevi un negozietto di piccole cose e tiravi avanti, ma la guerra ti ha costretto a fuggire. Non hai trovato altro modo che affidarti agli uomini senza scrupoli dell’organizzazione dei viaggi clandestini. Tutti i tuoi risparmi sono finiti nelle loro mani. Sofferenze indicibili. Viaggio infinito. Umiliazioni per te, per tua moglie e per i tuoi bambini. Cose che a volte non hai nemmeno lo stomaco di raccontare. Poi l’ultimo tratto. Forse il più pericoloso. Il mare. Una volta toccato terra speravi di aver raggiunto la salvezza e invece è stato un altro calvario. Insieme a te contadini, studenti, professionisti, gente comune che in alcuni casi viveva dignitosamente nella propria terra e che ora è umiliata in condizioni subumane, che non hanno nulla a che vedere con l’accoglienza e non sono giustificabili né con il primo soccorso né con l’emergenza. Ti chiedo perdono. Non ho altre parole se non per gli operatori della cooperativa “Lampedusa accoglienza” del consorzio Sisifo che gestisce quel centro e che forse erano in piazza ad applaudire le parole del Papa nel corso della sua visita a Lampedusa. Per ciascuno di voi quella cooperativa incassa 30-40 euro al giorno. L’ultimo segmento della gestione mafiosa dei migranti.