Fango
Fango fango e fango. Nelle dichiarazioni sprezzanti e sarcastiche soprattutto di taluni personaggi della politica che sembrano gareggiare nella trovata più divertente ma sempre più denigrante dell’avversario. Dichiarazioni che trovano puntuale eco nella stampa proprio perché più “originali” nelle loro espressioni offensive. E poi pagine che sembrano scelte dopo aver rovistato nei cassonetti dei rifiuti. Mai una volta che si punti a cogliere il meglio dell’altro, le possibilità di convergenza e collaborazione. Nemmeno in un tempo che sono in molti a definire di emergenza per il Paese. Larghe intese è solo un modo di dire perché tanto – fuori e dentro quella cerchia – ciascuno cerca di trarre esclusivamente il massimo profitto di consenso a partire dalla critica di quello che fanno (o non fanno) gli altri, piuttosto che di quello che si riesce a costruire. Come nelle favole di Esopo si setacciano gli accadimenti passati pur di giustificare un nuovo attacco. Sempre più frequentemente si ricorre alle terminologie militaresche per parlare di cose che di per sé rientrerebbero nella normalità del dibattito politico. Ma soprattutto si considera scoop riuscire a indagare negli armadi privati alla ricerca di qualche presunto scheletro. Ma perché? A chi fa bene? Alla politica? All’informazione? Alla gente normale che cerca di mettere insieme il pranzo con la cena? Cosa si deve fare per emergere dalla cultura del fango e dei suoi schizzi?