I ponti di Paolo
Sono passati sei mesi da quando p. Paolo Dall’Oglio è stato rapito in Siria. Ma gli amici, tanti in giro per il mondo, non l’hanno dimenticato. Due giorni fa ci sono state celebrazioni, veglie, sit-in a Roma, Milano, Parigi, Bruxelles, L’Aia, Ginevra, Beirut, Sulavmaiah (Kurdistan iracheno). Anche noi qui alla Cittadella di Assisi abbiamo celebrato l’Eucarestia pensando e pregando per Paolo e per tutte le persone che sono ancora nelle mani dei sequestratori come Giovanni Lo Porto e il suo collega tedesco Ben Muehlenbeck, cooperanti rapiti ormai due anni fa in Pakistan. Paolo che da 30 anni aveva scelto la comunità siriana di Mar Mussa per fare prove di dialogo e di incontro tra ortodossi, cattolici e musulmani, tante volte mi ha raccontato di quanto sia prezioso e indispensabile provare a costruire ponti. E forse è stato rapito proprio per questo. Perché il fanatismo scorge nei ponti una minaccia addirittura più insidiosa della violenza e dello scontro. Ricordare Paolo e gli altri significa continuare a dare forza e sostegno al cantiere della comprensione e del dialogo. Il resto è solo affetto che ci fa chiedere a chiunque l’abbia rapito di restituirlo presto al suo impegno.