Rabbia prevista

11 marzo 2014 - Giancarla Codrignani

Amiche sempre care, 

possiamo essere desolate, ma i presupposti dei femminicidi sono complessi. Pur essendone consapevoli, crediamo ancora che il fidanzato che ci ha dato uno schiaffo sarà un buon marito.

Lo scarto da 335 "no" a 344 (e da 227 "sì" a 214) nel respingere due emendamenti a beneficio del genere segnala che gli uomini non hanno paura della nostra emancipazione ma dell'attentato al loro potere, che incomincia nella coppia e finisce nel diritto. Purtroppo anche molte giuriste (tutte studiamo sugli stessi libri e applichiamo le stesse leggi) sono d'accordo con la condanna delle "quote rosa", termine orrendo, non inventato da noi. Prima o poi dovremo fare i conti con l'interpretazione della Costituzione e rivendicare che il "sesso" dell'art. 3 deve essere giuridicamente inteso come "genere" (e i generi sono fondanti di tutte le differenze sociali, non possono esserlo delle discriminazioni attualmente riconosciute in diritto). Bisognerà affrontare una contraddizione consapevolmente voluta da parlamentari donne e uomini di tutte le parti nel riformare l'art.51, il 7 marzo 2002, quando un voto plebiscitario convalidò l'omaggio alle donne del governo Berlusconi autore della riforma: "la Repubblica favorisce le pari opportunità" per l'accesso alle cariche elettive. Eh no, mie care: la Repubblica non doveva favorire ma "garantire", non le pari opportunità, ma i "pari diritti". Perché, tra l'altro, siamo il 52 % dell'elettorato e la maternità (o la non-maternità) non è ancora un diritto e, anche se la legge ci eroga benefici, siamo percepite come cattivi lavoratori se restiamo incinte. Disgraziatamente gran parte del mondo femminile si riconosce negli stereotipi familisti e mediatici, ignara di essere un "genere" e non una variante biologica.

L'emendamento respinto con lo scarto aumentato (poi nuovamente abbassato per il terzo emendamento che si accontentava del 60 %) era relativo alle quote per i capilista. Era "il" punto nodale. Infatti il 50/50 di governo non sposta quasi nulla: se una di noi va a Bruxelles a discutere la situazione ucraina, importa poco che sia un ministro o una ministra. Ma è dal basso che si può eliminare il pregiudizio che le donne non votano le donne e incominciare la risalita. E non partendo dalle preferenze (che possono diventare clientelari, mentre poche donne hanno i mezzi e perfino la voglia delle pratiche mercantili), ma su chi è in testa alle liste. Sarebbero accontentati anche i meritocratici: le donne sono più affidabili per capacità e dedizione. Finora, tuttavia, le grandi città, le regioni, le segreterie di partito sono o maschili o affidate a donne scelte perché stanno dentro il modello neutro. 

Quindi brutta giornata quella di ieri. Ma illuminante. Speriamo che il femminicidio cessi, almeno quello istituzionale; per rispetto dello spirito di una Costituzione che deve viaggiare nel tempo accrescendo la democrazia.



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