Volti a noi ri-volti
L'incontro areniano del 25 aprile 2014 porta con sè il ri-cordo (il richiamo al cuore) di tante persone amiche della nonviolenza in qualche modo collegate all'esperienza veronese, alcune delle quali ci hanno lasciato, volti indimenticabili del popolo della pace, tra noi "diversamente viventi": Lorenzo Bellomi, Natale Scolaro, Giuseppe Zambon, Enzo Bertolaso, Filippo De Girolamo, Luigi Brentegani, Aldo Pettenella, Federico Bozzini, Lucio Regaiolo, Giorgio Avanzi, Silvio Tubini, Enzo Melegari, Massimo Benedetti, Maria Grazia Totola, Carlo Furlan, Gianni Zanini, Gabriele Zanetti, Paola Rossi, Silvana Pozzerle, Vittorio Arrigoni, Massimo Paolicelli, Alexander Langer, Giulio Girardi, Italo Mancini, Enrico Chiavacci, David Maria Turoldo, Ernesto Balducci, Carlo Maria Martini...Volti a noi sempre ri-volti. Tra i tanti mi sembra giusto fermarmi su Giulio Battistella, uno dei fondatori degli incontri in Arena all'interno dell'appello "Beati i costruttori di pace", missionario in Argentina e a Cuba, pioniere della Rete degli stili di vita, molto vicino a Tonino Bello, vescovo di Molfetta, presidente di Pax Christi.
Nel presentare il suo libro su "Nuovi stili di vita" (1995), Giulio, in sintonia con l'altro Giulio (Girardello) le cui incalzanti poesie vengono riproposte per l'evento di quest'anno, ricorda la speranza di don Tonino intrecciata al sogno di Isaia. Con lui si era recato a Sarajevo nel dicembre 1992. Condivideva intimamente le domande brucianti di don Tonino scritte al ritorno dalla Bosnia: "attecchirà davvero la semente della nonviolenza? Sarà davvero questa la strategia di domani? E' possibile cambiare il mondo col gesto semplice dei disarmati?”.
Le domande di don Tonino mi scavano dentro. La sua presenza di maestro e profeta mi accompagna ogni giorno. Indica la necessità di un nuovo inizio per i movimenti, la politica, l'economia, la pedagogia e la fede cristiana. Riscoprire l'attualità del suo pensiero significa tenere acceso il fuoco della profezia. Così nel 1986 don Tonino: «E’ malinconico osservare oggi (se si eccettuano le audaci sortite del Papa, di qualche episcopato e di pochi gruppi) i tentennamenti delle nostre Chiese. Quello della pace sembra un campo minato da mille prudenze, recintato dal filo spinato di infinite circospezioni, protetto da pavidi silenzi... Viviamo ambigue neutralità, che tutto possono essere meno che disarmate. Ma se taciamo noi, eredi della profezia di pace del Cristo, chi si assumerà il compito di dire alla terra che, scivolando sui binari che ha imboccato, corre inesorabilmente verso l’olocausto? Coraggio miei cari fratelli profeti! Diciamo che ogni guerra è iniqua. Promuoviamo una cultura di pace che attraversi tutta la nostra prassi pastorale. Denunciamo a chiare lettere l’ingiustizia della corsa alle armi». Il vero dramma delle comunità cristiane - osservava don Tonino- , è quello di «non aver ancora assunto la nonviolenza come unico ‘abito da società’ veramente firmato dal Signore e continuare a baloccarsi con gli altri vestiti contraffatti che ci assediano l’armadio». Dovremmo essere più audaci: «Il Signore ci ha messo sulla bocca parole roventi: ma noi spesso le annacquiamo col nostro buon senso. Ci ha costituiti sentinelle del mattino, annunciatori, cioè, dei cieli nuovi e delle terre nuove che irrompono, e invece annunciamo cose scontate, che non danno brividi, che non provocano rinnovamento». Per don Tonino la nonviolenza è un tema generatore globale. La sua elaborazione ideale (teologia trinitaria, Chiesa del grembiule, beatitudine dinamica della pace, profezia messianica) incrocia le tematiche centrali della pedagogia (etica del volto, capacità di sognare, arte della compassione), della politica-economia (bene comune, cittadinanza umana, economia di giustizia) e della ricerca nonviolenta (nuovo diritto internazionale, difesa non armata, trasformazione dei conflitti). Con lui la «convivialità delle differenze» diventa rete di percorsi nonviolenti vissuti come ricerca del volto, formazione permanente, scienza sociale, progetto politico, cittadinanza attiva, disarmo, giustizia sociale. Nel cuore di molti risuona ancora l'invito appassionato rivolto ai partecipanti dell'Arena nell'aprile 1989: quello di scattare "in piedi", beati perché in cammino, pronti a promuovere itinerari umani necessari come l'aria, l'acqua e il pane. Menti, cuori, mani, piedi...: corpi di pace!.