Il coraggio di restare umani
Carmine Campanella è un detenuto ristretto nella sezione di alta sicurezza del carcere di Sulmona. A carico di Campanella ci sono accuse e processi per reati gravissimi. Ma avviene che proprio per presenziare a uno di questi processi nella sua terra di Basilicata viene scortato con un automezzo da cinque agenti di custodia. All’altezza di Rionero in Vulture l’automezzo si ribalta, gli agenti restano feriti e il pericoloso detenuto non tenta la fuga ma aiuta gli agenti, non raccoglie le armi che erano a portata di mano ma chiama i soccorsi e resta sul posto fin quando non arrivano. Ho incontrato Carmine Campanella in carcere nel corso di un convegno sul tema dell’ergastolo. La direzione del carcere gli ha voluto consegnare un encomio per il comportamento tenuto in quell’occasione. Carmine conosceva molto bene la zona in cui è avvenuto l’incidente e lì in passato ha potuto contare su appoggi e coperture. Gli chiedo cosa lo abbia spinto a non approfittare della situazione e a prestare soccorso agli agenti. Mi risponde con semplicità che li conosceva uno per uno e che nelle lunghe ore del carcere e in quelle del trasferimento avevano parlato molto, che si era stabilito un rapporto di stima pur nel rispetto dei ruoli. Insomma mi insegna che ancora una volta vince la relazione, la conoscenza un po’ più profonda dell’altro. Che il legame e l’amicizia costruiscono e – forse – contribuiscono a cambiare. Molto di più di una pena da scontare, un prezzo da saldare, una vendetta sociale da subire.