La lezione di Superga
Sessantacinque anni dopo, Superga è lì con la solennità di un sacrario a ricordarci la lunga trasferta di una grande squadra. Oggi si direbbe di altri tempi. Tempi davvero molto diversi. Senza ultras e senza infiltrazioni criminali. Senza violenze e senza il business da capogiro che vizia coi soldi lo spettacolo avvincente di correre dietro a un pallone. Provate a immaginare di parlare oggi a Bacigalupo e a Mazzola di diritti televisivi e ingaggi milionari, a Rigamonti e ad Ossola di capi della curva e di squadre italiane composte per intero da stranieri plurimilionarii. Non capirebbero. Un altro pianeta. Mancavano solo quattro giornate alla fine del campionato quel 4 maggio 1949 quando lo schianto uccise i campioni. Le cronache riferiscono che in quello spicchio di campionato che ancora rimaneva, il Grande Torino che guidava la classifica, mise in campo la formazione giovanile. Anche le squadre avversarie fecero lo stesso. Nel frattempo non sono cambiate solo curve e supporter come si legge oggi in qualche commento distratto. È cambiato il mondo. Pertanto se vogliamo cambiare le curve degli stadi, dobbiamo cambiare il mondo. Con l’aiuto del calcio, delle sue società... e del suo mondo.