Persone, non clandestini

13 maggio 2014 - Renato Sacco

A Catania. Atterraggio programmato verso le 13. Alla stessa ora, nella stessa città siciliana, è previsto l’arrivo della nave con centinaia di profughi che, nella tragica traversata, hanno visto morire decine (centinaia?) di loro fratelli e sorelle, compagni di un viaggio verso la vita. Il mio viaggio a Catania è veloce, sicuro e anche a poco prezzo. Il loro no! E ti chiedi perché io? Ho forse meriti particolari? Forse sono solo tremendamente più fortunato. E ti ricordi le parole di Francesco a Lampedusa “Chi ha pianto?”. Vorresti stare in silenzio, forse anche piangere. Ma nella confusione dell’aeroporto come si fa? Sei in mezzo a un mare di gente che parte e che sa anche di arrivare. Loro no. E sono un pugno nello stomaco le parole di un capopartito del Nord che non trova di meglio che ringhiare la sua rabbia, e invocare, di nuovo, il reato di clandestinità. Almeno oggi, tacere no? Un po’ di pietà.

Beh, sono contento di andare a Catania.

A respirare un’aria diversa dal Nord. È vero, sia detto: al nord non ragioniamo tutti così! E lo testimonia l’accoglienza di profughi anche nella mia zona, al Nord, in provincia di Verbania. Così come in Sicilia non sono tutti mafiosi, come invece molti al Nord pensano. Ma è doveroso smascherare e denunciare un razzismo strisciante, più diffuso di quello che sembra. Non gridato, ma condiviso sotto sotto. E magari anche da persone ‘per bene’ o addirittura... religiose. La mafia e il razzismo si nutrono della connivenza, del silenzio, della compiacenza. Come “il pesce che per nuotare ha bisogno dell’acqua intorno”, per dirla con don Ciotti.

E allora li chiamiamo profughi, non clandestini.

Persone, non problemi.

E, per i credenti, ogni persona è Gesù in mezzo a noi. Mi viene in mente la canzone che cantavo da piccolo per la festa della Madonna di Fatima: “Ai tre pastorelli dicesti laggiù, salvate i fratelli che offendono Gesù”. Sì, perché anche il razzismo è bestemmia.

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