Il tiqui-taca delle multinazionali
Non me ne vogliano gli amici spagnoli ma era quasi istintivo o quanto meno spontaneo ieri sera esultare ai gol della squadra cilena. Non era sete di vendetta per le umiliazioni che negli ultimi anni quella nazionale vestita di rosso ci aveva inflitto. Forse più semplicemente si trattava di riconoscere ad altezza umana il fallimento del tiqui-taca (più corretto scriverlo in spagnolo) che come tutti i fenomeni umani, come il catenaccio o il calcio totale, hanno un inizio e una fine. Era la relativizzazione di un mito che sembrava incrollabile o di una granitica stagione che è pur sempre una stagione. E così i nostri fratelli spagnoli sono fuori dal Mondiale. Così come lo sono i popoli indigeni. Un bell'articolo di Gustavo Duch su www.comune-info.net ci aiuta a riflettere sulle umiliazioni, le sofferenze e le ingiustizie cui sono stati sottoposti per secoli le popolazioni indigene brasiliane e che anche in questi mondiali vedono esaltati a bordo campo e in tutte le televisioni del mondo, i loghi delle multinazionali che continuano a sfruttare le terre che furono dei loro antenati, a minacciare la loro vita e la loro coesistenza e a lucrare denaro dal loro sangue. Ci conforta la consapevolezza che anche questo tiqui-taca finirà come tutte le cose umane. Noi possiamo solo concorrere ad accelerare i tempi. Un altro mondiale è possibile.