I Dalla Chiesa
Oggi sono trentadue anni da quegli spari che in via Carini a Palermo spezzavano la vita del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, di Emanuela Setti Carraro e di Domenico Russo e la speranza di riscatto della Sicilia onesta. Ma il pensiero che vorrebbe concentrarsi in quella memoria è disturbato dalle notizie che ricevo da Milano. Nando Dalla Chiesa che presiede il Comitato antimafia del Comune di Milano, nei giorni scorsi ha presentato una relazione scrupolosa e circostanziata sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Expo 2015. La reazione è stata tra le peggiori. Parte del mondo imprenditoriale e dell’informazione calabrese hanno lanciato strali e parole di fuoco fino ad accusare Dalla Chiesa di “razzismo” e di voler “cacciare i calabresi da Milano”. Le accuse sono giunte a lambire anche Simona, l’altra figlia del generale Dalla Chiesa che in Calabria ci abita e che qualche anno fa venne eletta in quel Consiglio Regionale per sostenere il cammino di pulizia e trasparenza di cittadini e istituzioni. Si è giunti a dire che Simona Dalla Chiesa sia stata eletta con i voti dei “mafiosi calabresi”! Si tratta di proiettili di carta e d’inchiostro. Senza entrare minimamente nel merito della relazione del Comitato, quelle parole intendono ergere la più generica e ambigua delle dighe a difesa del buon nome della gente di Calabria. Considerazioni e luoghi comuni che accanto a falsità, zone grigie e connivenze hanno consentito alle mafie di radicarsi e rafforzarsi in tutto il territorio nazionale e non solo. Nell’anniversario dell’omicidio di Dalla Chiesa chiediamo che almeno la miopia di queste visioni ceda il posto a una lotta senza sconti contro il crimine e il malaffare. Esattamente come quel Prefetto ha insegnato a fare.