La lezione della Scozia
A scrutinio ormai concluso apprendiamo che la Scozia ha deciso di rimanere ancora unita al Regno… Unito. Personalmente ritengo che l’autodeterminazione dei popoli sia un principio importante da preservare e garantire. Nello stesso tempo è anche uno strumento che va maneggiato con cura e molta molta cautela. In quel principio possono annidarsi e sedimentare visioni storiche miopi, solidarietà di clan, rancori stratificati nel passato più lontano, si possono innaffiare bassi istinti di conservazione. Ma soprattutto si può alimentare il mito che solo la separazione sia fonte di progresso e di crescita. Nella vicenda scozzese ad esempio apprendiamo che ad Edimburgo la maggioranza si è espressa per il no alla secessione e che a Glasgow ha vinto lo YES. Sono sicuro che ci saranno commentatori attenti e profondi conoscitori di storia e costumi scozzesi che spiegheranno con dovizia di dettaglio storico, sociale e politico il perché di questa differenza e che, un domani nemmeno tanto lontano, potrebbe essere la città di Glasgow a chiedere con un referendum la secessione dalla Scozia proprio grazie a quelle differenze che si vogliono far contare o far prevalere. Ma potrebbe non passare molto tempo per assistere a un crescendo di mal di pancia degli abitanti di un quartiere di quella città che chiede di affrancarsi dalle politiche economiche e sociali (giudicate scellerate) del governo della città autonoma di Glasgow. Al lettore la possibilità di ipotizzare creativamente il prosieguo del racconto secessionista. Per parte mia resto convinto che, al contrario di quanto si pensi, il meglio non si costruisce nella separazione ma nella “convivialità delle differenze”. Forse costa più fatica ma sono pronto a scommettere che produca risultati più duraturi.