Le vite minacciate da Ebola
Si calcola che nei cinque paesi africani interessati dall'epidemia di Ebola si contino in totale più di tremila morti negli ultimi sei mesi. La cifra, data in questo modo alla stampa, non dà ragione delle storie di ciascuno, del dolore, delle speranza e dei progetti infranti, di vite giovani stroncate e della deriva di un intero continente. Nonostante le dichiarazioni solenni e le promesse, ma soprattutto a fronte dell'impegno delle organizzazioni di volontariato che operano a tu per tu col contagio, mi resta il sospetto che viviamo in un mondo che classifica le vite umane. Mi resta il sospetto che l'attenzione e la solerzia internazionale sarebbero state ben altre se il contagio avesse interessato le nazioni del nord del mondo. E se poi confronto le cifre investite dalle case farmaceutiche e dalla ricerca per cosmesi e dimagrimenti miracolosi, mi rendo conto che davvero l'Africa è popolata da vite di serie B (o C o Zeta). La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità denuncia di non essere stata posta nelle condizioni di far fronte alla catastrofe con i fondi necessari. Perché se è vero che il virus si è diffuso in modo rapido in questi ultimi mesi, è altrettanto vero che la sua esistenza è comprovata dal 1976. Forse sin da allora chi doveva investire in ricerca e produzione di vaccini e di cura pensò che non ne valeva la pena. Almeno per questo rimorso dovremmo essere in grado oggi di evitare le lacrime di coccodrillo e correre realmente contro il tempo. Si tratta di vite umane. Senza classificazione.