La violenza sulle donne non è cieca
Sono tendenzialmente poco incline a credere allo “scatto d’ira”, al “colpo di testa”, alla “violenza cieca” quando le cronache raccontano di donne rimaste vittime dei loro uomini. Credo piuttosto che si tratti dell’ultimo atto di un esercizio quotidiano che arriva da molto lontano. Perché è un addestramento che si è nutrito per anni e anni di stereotipi, di luoghi comuni e di immagini che hanno forgiato a violenza la coscienza degli uomini e a sottomissione, giustificazione, tolleranza quelle delle donne. Microdosi di pubblicità malata propinata regolarmente nel corso di una sola giornata, modelli che ancora alimentano la fantasia dell’uomo cacciatore che cerca la donna-preda, il corpo femminile associato a prodotti di consumo, l’immaginario della donna come proprietà… Fino a quando non riusciremo a scrollarci di dosso tutto questo, continueremo a piangere sulla cronaca feriale che ci sbatte in faccia volti tumefatti e funerali di paese tra facce esterrefatte. Insomma il veleno della violenza si consuma in un attimo o nel percorso di un calvario ma si forma nelle vene del corpo degli uomini nel corso del tempo. Di una vita. Troppo spesso a prezzo di una vita. Se una giornata contro la violenza serve, è perché tutti assumano l’impegno e la responsabilità di fare qualcosa, di cambiare, di dare vita non a iniziative ma a un’altra quotidianità.