Fame di lavoro
Un capannello di persone che in breve tempo diventa una lunga coda.
Siamo davanti alle porte chiuse di un'agenzia per l'impiego di Pesaro.
È una domenica sera. Il giorno dopo saranno assegnati 38 tirocini in aziende le più diverse a 650 euro lordi per sei mesi. Nessuno sa esattamente di che lavoro si tratta. A prepararsi a trascorrere la notte con coperte, panini, qualche sedia da campeggio sono giovani, uomini e donne, alcuni laureati, altri con un diploma. I posti verranno assegnati in ordine di presentazione della domanda. Bisogna dimostrare di essere disoccupati da almeno un anno e avere ISEE (Indicatore situazione economica equivalente) inferiore ai 12.000 euro annui. Paga bassa e nessuna certezza di continuità, ma tanta fame di lavoro. È un piccolo spaccato d'Italia. Una condizione che colpisce prevalentemente le giovani generazioni come fosse una malattia o un'epidemia e preoccupa non solo perché costringe ad una precarietà economica tanto difficile, ma per una sorta di dignità precaria a cui quei giovani sono condannati. Aspettando di constatare l'efficacia delle risposte del governo, per ora l'unica risposta è quella del direttore del Job Center di Pesaro, che ha deciso l'apertura straordinaria dei locali del centro, per far trascorrere ai giovani la notte al coperto, ed è rimasto ad attendere con loro l'apertura degli uffici.