Venerdì santo nel Mediterraneo
Ho tentato ancora di rovistare, fino nel fondo delle riflessioni e dei sentimenti, le parole di commento, di biasimo, di lutto, di lacrime e sconcerto per dire delle vite umane sepolte nel mare. Mi sono accorto che sono ormai vecchie e usurate dal tempo, dall’uso e dall’abuso. Col rischio di ricadere anch’io nella trappola di chi specula anche sui morti come capitale in valuta pregiata, per trarre ragioni a vantaggio della propria prospettiva. E allora, le parole diventano vomito. Meglio il silenzio. Quello che ti permette soltanto di ascoltare in profondità il grido sofferto, il lamento soffocato, la sofferenza indicibile, la speranza strozzata, la carne annegata. La preghiera. Forse l’unica parola che vale la pena. Come un pezzo di legno nel mare del naufragio dell’umanità. Un pezzo di legno che diventa croce sulla quale silenti contempliamo un Cristo che continua ad essere crocifisso nel venerdì santo della migrazione senza approdo.