Le storie che non conosciamo
Victoria sembra piegata sotto il suo carico di pensieri, di esperienze e di sofferenza. Parla tutto d'un fiato senza sollevare lo sguardo. Racconta del suo impegno da universitaria nelle organizzazioni studentesche. Racconta della repressione dei governi dittatoriali in Bolivia negli anni 60 e 70 con date e riferimenti precisi come fossero cose avvenute in questi giorni. Il suo sguardo si appanna, come la sua voce, quando racconta di quando, una notte, i militari la trascinarono via da casa sua, insieme a sua madre e a sua sorella, di soli sette anni. Descrive le torture a cui viene sottoposta, perché rivelasse cose che lei nemmeno conosceva. Per costringerla a confessare collegamenti, compagni di lotta e piani di insurrezione, arrivano a violentare la madre e la sorella. Poi saranno in tre ad abusare anche di lei. In Bolivia, dalla fine degli anni 50 all'inizio degli anni 80, si sono succedute - golpe su golpe - dittature crudeli al servizio di potentati economici interessati a sfruttare le enormi ricchezze della terra e del sottosuolo di questo Paese. Di tutto questo, in Europa, è giunto solo qualche lontana eco. Molto meno di quanto abbiamo conosciuto delle tragedie di Argentina, Brasile e Cile, di quegli stessi anni. Una qualche forma di solidarietà internazionale avrebbe dovuto coinvolgerci. Qualche protesta di governi democratici e di società civile avrebbe dovuto fermare quelle brutalità, i massacri dei campesinos e degli indigeni. Un mea culpa che non abbiamo mai fatto e che deve metterci almeno in guardia perché questo non si ripeta mai più, in nessuna parte del mondo.