Micuta Anastasia
Sono appena rientrato da un funerale… ma un funerale particolare. Non mi era mai capitato di celebrare un funerale ad una persona che nessuno dei presenti conoscesse. Una ragazza ritrovata cadavere nel canale Regina Elena a Bellinzago (No) il 12 maggio 2011. Da allora niente. Nussuno l’ha cercata. E non si è saputo nulla di lei. Carnagione bianca, età compresa tra i 25 e i 30 anni, alta poco più di un metro e mezzo, 47/50 chilogrammi di peso, capelli castano/rossicci raccolti a cada sulle spalle, occhi marroni. Il tipo di abbigliamento aveva fatto pensare che si trattasse di una ragazza dell’Est Europeo, vittima di tratta e sfruttamento sessuale. All’inizio si leggono alcune frasi di una canzone di Fabrizio De Andrè: ‘La morte verrà all’improvviso, avrà le tue labbra e i tuoi occhi… la morte non ti vedrà in faccia, avrà il tuo seno e le tue braccia’.
“Abbiamo pensato – scrivono amici e amiche dell’Associazione ‘Liberazione e speranza’ - di darti un nome: Micuta, che in lingua romena significa ‘piccola’, ‘fragile’, ‘vulnerabile’; e Anastasia, che significa ‘resurrezione’. Noi ti pensiamo nell’abbraccio di Dio Padre che ama con la tenerezza di madre”.
E in questo abbraccio - ha aggiunto il parroco in una chiesa con tantissime persone - vedrai il volto di Dio non più con occhi da straniera, perché ai Suoi occhi nessuno più è straniero, ma figlio e figlia amata.
Quante domande: “cosa ti è successo? Un incidente? Un suicidio? No, noi facciamo fatica a crederlo… eri giovane, bella, volevi vivere! Qualcuno ti ha fatto del male? Chissà se sei stata trafficata da un paese dell’est europeo e costretta a prostituirti come tante ragazze? Forse hai tentato di ribellarti ai tuoi aguzzini e loro hanno deciso di punirti… Chissà se ti piaceva ballare, se avevi letto molti libri, se ti piaceva viaggiare, sentirti libera, passeggiando all’aria aperta, col vento tra i capelli, in un pomeriggio di primavera’.
Anastasia, aiutaci a non rassegnarci, a non essere indifferenti, ad avere più coraggio davanti a tante tragedie come la tua.
Incensando la tua bara pensavo a tante altre donne, ragazze schiave, vendute, sfruttate, uccise e fatte sparire, alle donne yazide, cristiane e musulmane del nord Iraq, alle ragazze rapite da Boko Aram in Nigeria, a tante, troppe storie anonime di donne vittime, sfregiate nella loro dignità, qui da noi, sulle nostre strade e nelle nostre case, da criminali, magari con la faccia da ‘brav’uomo’. E mi sono un po’ vergognato di essere un uomo, maschio.
Aiuatci a risorgere, Anastasia, a non dare per scontato il valore e la bellezza della vita.
L’altro giorno una giovane mamma mi diceva “Che bello sarebbe un mondo senza soldi, ricco di pace e serenità a 360°, tantissimi problemi non esisterebbero e moltissimi valori rinascerebbero”.
Sembra una frase un pò così, quasi un sogno lontano. Ma davanti alla tua bara diventa un impegno di vita.
Perché siamo noi, ora, che dobbiamo sognare anche per te.