Sarajevo e noi...
Papa Francesco va a Sarajevo il prossimo 6 giugno.
Si accavallano nella mente tanti ricordi, da quel dicembre ‘92 fino ad oggi. Persone, volti, nomi, storie, drammi, bombardamenti, croci, cimiteri…
Tante cose brutte, ma anche tante belle!
Cominciamo con le brutte che mi portano a pensare all’Italia di oggi.
Come è stato possibile una guerra così fratricida? La pulizia etnica? Un amico di Sarajevo, anni fa, mi disse: “preoccupatevi di quello che sta succedendo anche nel vostro Paese”. E infatti oggi in Italia si respira un’aria razzista. Da pulizia etnica? Non so. Certo è che si fanno le campagne elettorali criminalizzando, ad es, i Rom. La violenza verbale, e a volte non solo, nei confronti di profughi, stranieri ecc. è sotto gli occhi di tutti. Almeno di chi vuol vedere. E l’uso del termine ‘clandestino’ è già di per sé violenza!
Anche in Bosnia la guerra è iniziata criminalizzando qualcun altro: serbo, croato, bosniaco…
E i giornali e Tv hanno avuto un ruolo fondamentale nel soffiare sul fuoco per indicare di quali reati fosse colpevole ‘il nemico’.
Oggi in Italia i mass media cavalcano molto questo clima. Pare che l’unico incidente stradale mortale avvenuto nelle ultime settimane sia quello di Roma. Altri incidenti dove i responsabili siano italiani? Nessuno! Stando ai grandi Tg e giornali. E questo non è poco!! Lo stesso vescovo ausiliare di Sarajevo, Pero Sudar, diceva provocatoriamente, tempo fa, che i mezzi d’informazione sono così importanti che se lui avesse a disposizione i mass media potrebbe far scatenare una guerra ad es. tra Francia e Germania, cosa che parrebbe impensabile. Sono parole che ci devono far pensare!
Troppe volte si sorride sulle affermazioni razziste non solo di Salvini o Buonanno, ma anche di tanta gente comune. Se l’altro diventa un nemico, lo straniero diventa colpevole di tutto, il terreno è pronto per passare ai fatti.
Ma no dai, cosa dici? L’Italia non è la Bosnia! Non ha senso il tuo ragionamento. In Italia non potrà mai succedere.
Anche tanti miei amici di Sarajevo non avrebbero mai pensato di vedere la loro città e la Bosnia travolta da una guerra così assurda. Lo avevo già scritto all’On. Cota nell’agosto 2009, senza aver l’onore di una sua risposta: “Sappiamo cosa è successo in Bosnia! Anche in quella terra c’era qualcuno che per anni ha soffiato sul fuoco, le sparava grosse, ma tutti ridevano pensando fossero delle affermazioni paradossali. E invece sono diventate tragedia, pagata da migliaia e migliaia di persone. Questa paura ultimamente mi accompagna sempre di più come un incubo. Perchè l’altro diventa un nemico. Cresce il razzismo e la xenofobia. E Dio non voglia che...”
Le guerre, l’odio razziale non nascono mai come un fungo. Sono cose che crescono piano piano. Cullate nell’indifferenza o in un clima di quasi consenso.
Famiglia Cristiana aveva fatto una ricerca anni fa, sul legame tra parrocchie, oratori e Lega Nord. Forse una riflessione seria la dobbiamo fare anche come comunità cristiane. L’on. Buonanno, Parlamentare Europeo ed esponente della Lega, noto per le sue affermazioni razziste anche in Tv, si è sempre vantato, anche con il sottoscritto, di aver distribuito centinaia di crocifissi, per difendere le ‘radici cristiane’. Forse sorridere non basta più!
E ricordiamo anche le affermazioni di Bossi sul Tricolore d’Italia, che lui avrebbe usate per pulirsi…
E abbiamo appena visto la parata militare del 2 giugno: l’orgoglio, la forza e le armi.
Anche in Bosnia c’erano spinte di autonomia e separazione, esercito in mano allo Stato centrale. Le premesse ci sono. Sul Piave dopo 100 anni qualcuno ha cantato ancora ‘non passa lo straniero’.
E tutti, Lega e Governo, sono d’accordo sulle spese militari per gli F35.
Le armi sono un grande affare. Appunto, come in Bosnia. Se sono ‘made in Italy’ meglio ancora!
Cosa succederà! Non lo so. Spero di sbagliarmi su tutto. Sarei il primo ad essere contento. Ma mi basta guardare a quanto succede oggi: è già molto preoccupante.
E le cose belle? … magari domani.
Buon viaggio papa Francesco. Sretan put.
4 giugno 2015
d. Renato Sacco, coordinatore nazionale Pax Christi
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