Luis Espinal

10 luglio 2015 - Tonio Dell'Olio

Quella di Luis Espinal è un'eredità scomoda. Un gesuita contro le dittature che hanno insanguinato la Bolivia. Un uomo disarmato che solo ha usato i linguaggi della comunicazione per denunciare ingiustizie e sopraffazioni nel nome del Vangelo. Poco conosciuta e pertanto tutta da approfondire la personalità di questo prete giornalista, regista, autore televisivo, critico cinematografico, poeta. Torturato atrocemente e infine ucciso dagli squadroni della morte durante una delle tante dittature che quel bellissimo paese che è la Bolivia ha dovuto sopportare. Per questo Papa Francesco, subito dopo la cerimonia di benvenuto all'aeroporto della capitale boliviana, ha voluto per prima cosa rendere omaggio a quel suo confratello recandosi sul luogo della sua uccisione. Come spesso accade con questo Papa, un gesto più importante di mille discorsi. “Fratello nostro, vittima di interessi che non volevano si lottasse per la libertà” - ha detto il Papa. Durante il periodo della dittatura Espinal aveva partecipato alle lotte sociali e allo sciopero della fame di 19 giorni, nel 1977, durante i quali visse giorno e notte accanto alle famiglie dei minatori. Fu trucidato il 21 marzo 1980. “Padre Espinal - ha detto - predicava il Vangelo e questo Vangelo disturbava e per questo lo hanno assassinato”. Il Papa ha quindi invitato a fare un minuto di silenzio e a pregare. Poi ha proseguito ribadendo che padre Espinal “ha predicato il Vangelo, il Vangelo che ci porta la libertà, che ci fa liberi. Come ogni figlio di Dio, Gesù ci dà questa libertà e lui ha predicato questo Vangelo”.

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