L’idolatria dei muri
Si continua a costruire muri. In Europa e nel mondo. Muri di cemento e di reti metalliche, di filo spinato e di leggi di carta. Ma muri anche dentro le nostre coscienze e nelle nostre intelligenze. Muri nelle relazioni umane e interpersonali, muri tra le generazioni e tra le fedi. C’è un’idolatria del muro che è l’esatto opposto del Dio biblico che vede la miseria del suo popolo schiavo in Egitto e ascolta il suo grido (cfr. Esodo 3, 7). Gli idoli invece “sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano; dalla gola non emettono suoni. Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida” (Salmo 115). Ed è questa purtroppo la convinzione idolatrica che si va affermando in alcune coscienze che preferiscono adorare l’idolo-muro piuttosto che il Dio che soccorre i poveri. Ed è una credenza che non troviamo concentrata esclusivamente in Ungheria e in Danimarca, a Ceuta e Melilla, al confine statunitense col Messico e in Israele. Attraversa trasversalmente tutti i Paesi come una sorta di idolatria tanto diffusa quanto vana. Che fare se non soverchiarla con un più diffuso culto (e cultura) dell’accoglienza? Oltre che per fede o convinzione, appare anche storicamente come l’unica risposta possibile.