Capodanno della scuola
Per augurare buona scuola a tutti, studenti e operatori, lascio la parola ai Rosaria Gasparro, maestra di una scuola primaria pubblica di San Michele Salentino (Brindisi).
Quest’anno però l’ho fatta la mia prova d’ingresso. In una scuola che non è la nostra, in un’aula da dividere con una classe delle medie in cui il sole entra spietato dalle finestre senza tende. Senz’armadio, con una cattedra senza cassetti, una piccola lavagna bianca in un angolo. Coi materiali da portare su e giù da casa. Ma noi ce la faremo, trasformeremo ogni difficoltà in una diversa opportunità, perché come diceva Antonio Gramsci: “Siamo forti e ci vogliamo bene./ E siamo semplici, e tutto è naturale in noi./ Vogliamo essere forti spiritualmente,/ e semplici e sani e volerci bene così,/ perché ci vogliamo bene e questa è la più bella/ e più grande e più forte ragione del mondo”.
Siamo usciti fuori. Abbiamo cercato il nostro centro. Ci abbiamo messo una lumaca e ci abbiamo costruito intorno e in tondo cerchi di pere selvatiche, di foglie secche, di ghiande e legnetti, di sassolini colorati, di cous cous, di fave e lenticchie, di riso, di stracciabraghe, di mirto odoroso... Il nostro universo – che è sempre pluriverso – inizia da qui. Dal nostro mandala di semi di terra. Da questa armonia. Dal tempo che ci prenderemo senza fretta, il tempo che ci serve per imparare e vivere, per la scuola che vogliamo, lenta, profonda e dolce. I bambini non lo sanno che è da lontano che tutto questo viene. Ma io sì. E a quei maestri sono grata, a loro devo il senso della direzione che non voglio smarrire. Si è alzato il libeccio e disperderà il nostro lavoro nell’aria e nella terra. Così deve essere. Per poter sempre ricominciare.