Dalla prima lettera da Firenze
Farebbero male i cosiddetti laici a schivare come momento strettamente intraecclesiale il Convegno nazionale in corso da ieri a Firenze e che oggi si arricchisce della presenza e delle parole di Papa Francesco. La qualità della comunità ecclesiale costituisce un valore aggiunto fondamentale per la vita pubblica del nostro paese. Il nuovo corso inaugurato dall'elezione di un Papa venuto dai confini del mondo attende ancora d'essere tradotto e metabolizzato dalle chiese italiane. La sfida del convegno decennale dovrebbe essere di inaugurare finalmente uno stile secondo il quale si ridà finalmente la parola a tutti. Ma non basta. Bisogna anche ascoltare la voce di tutti. E francamente penso che di cose da dire, ciascuno ne abbia tante. Ciascuno ha da pretendere un supplemento di profezia che spinga sul coraggio della denuncia anche quando disturba manovratori e personaggi della politica - e non solo - che talvolta si sono accreditati come compagni di strada. Nel linguaggio biblico si chiama profezia. Ed è ancora più preziosa quando alla denuncia accompagna scelte coerenti col vangelo in cui si crede. La chiesa che è in Italia finora ha detto tanto sui cosiddetti "valori non negoziabili". Che questo convegno partorisca parole, scelte e segni sulla pace, sulla nonviolenza e sulla spesa militare; su una migliore distribuzione delle risorse, su politiche dell'occupazione e solidarietà internazionale; su tutela e salvaguardia del creato, sul diritto alla casa, su corruzione e malaffare diffusi. Non ricette ma parole chiare e indicazioni perché intendano finalmente anche coloro che non paiono avere orecchie per intendere.