L’Islam amico
Che nessuno si faccia scudo della fede (qualsiasi fede) per nascondere luridi interessi. Economici, politici o strategici che siano. A nessuno è lecito fare questo. E una fede che per queste ragioni, o per altre ancora, giustifichi, sostenga, o addirittura fornisca carburante ideologico all’uso della forza, è una fede abortita, una caricatura di Dio, un tragico sfregio all’umanità. Per queste ragioni la manifestazione delle comunità islamiche a Milano è l’espressione più importante generata dal lutto del 13 novembre. Ed è altrettanto importante che fossero in piazza non solo come credenti in Maometto profeta di Allah, ma anche come cittadini a pieno titolo di un Paese europeo. Erano in piazza non solo contro la violenza efferata dei fanatici del Daesh, ma anche contro i fondamentalisti antislamici, contro quel coro ignorante e pericoloso che spara parole di insulto come pallottole dai palchi, dai giornali o dalle televisioni. Chiunque di noi abbia almeno un amico musulmano sa bene che non vi è identificazione tra Islam e violenza. Peraltro non finiremo mai di ricordare che sono gli stessi appartenenti alla fede del Corano ad aver pagato finora il prezzo più alto in termini di vite umane al fanatismo violento. Se non ci convinceremo di questo, giornali, televisioni e palchi della politica rischieranno di fornire nuovi motivi alla violenza.