“Libera”, attenzione al fuoco amico
Condividendo e sottoscrivendo le considerazioni di Gian Carlo Caselli che sono apparse oggi su “il Fatto Quotidiano” a proposito della polemica che ha investito Libera, riporto volentieri per intero l’articolo.
L’Italia ha gravi problemi di mafia. Ma possiamo orgogliosamente dire di essere pure il paese dell’antimafia. Non solo per il prezzo che abbiamo pagato con un numero infinito di vittime innocenti. Non solo per l’efficace legislazione che ci siamo dati (sostanzialmente fatta propria da una Convenzione Onu del dicembre 2000 sottoscritta da tutti gli stati del mondo). Non solo per l’organizzazione del contrasto (non a caso Eurojust, l’embrione della futura procura europea, è modulato sulla nostra Procura nazionale antimafia). Anche per quel fiore all’occhiello – ovunque studiato – che è la pratica dell’antimafia sociale o dei diritti. Quella che paga in termini di lavoro e recupero di dignità. Che materializza la legalità come vantaggio, per esempio grazie alle cooperative di giovani che coltivano le terre tolte ai mafiosi. Anche questo è l’Italia. Ed è un’Italia che si riconosce in chi ha saputo “imporre”, col traino irresistibile di un milione di firme raccolte, la legge 109/96 che ha consentito di destinare a fini socialmente utili i beni mafiosi confiscati. Un’Italia che si chiama soprattutto “Libera”, una forma efficacissima di organizzazione della società civile. Un piccolo miracolo di Luigi Ciotti che funziona da anni. Ho avuto la fortuna di trovarmi spesso vicino a Ciotti. Fra l’altro in occasione di un mio impegno con il “Gruppo Abele” di Torino, quando ospitava alcuni terroristi in semilibertà autori degli omicidi di Emilio Alessandrini e Guido Galli, colleghi coi quali avevo avuto un rapporto profondo di affetto. Non sarei sincero se negassi il fortissimo disagio che provavo quando mi capitava di incrociarli. Era forte la voglia di esternare giudizi che neanche le più dure sentenze di condanna avrebbero potuto esprimere. C’era nell’aria però un clima, uno sforzo autentico di recuperare alla tolleranza chi aveva sbagliato, che – se non attenuava il disagio –consentiva almeno una faticosa convivenza. Un altro piccolo miracolo di Ciotti, capace di coniugare comprensione e fermezza per provare a ricomporre un tessuto sociale ferito. Solo così si poteva dare un senso anche a situazioni che altrimenti sarebbero state assurde e insostenibili. Sia chiaro: parlando di “piccoli miracoli” non ho nessuna intenzione di proclamare Ciotti “santo subito”. Tra l’altro so bene che non gradirebbe. Quindi nessun alone di santità per elevare pregiudizialmente barriere protettive a fronte delle polemiche che lo stanno investendo. Ho inteso soltanto premettere alcune considerazioni: per esprimere la certezza che Ciotti – forte della sua credibilità – saprà traguardare al meglio, nell’interesse di “Libera”, anche questo “empasse”; e nel contempo per motivare incredulità e stupore verso tali polemiche. Che muovono (spesso traendone pretesto) dal “fuoco amico” di alcune allusioni e accuse di Franco La Torre, già apprezzato collaboratore di “Libera”, oggi in crisi di fiducia e quindi in conflitto con l’associazione. “Fuoco amico” al quale si sono subito accodati vari “nemici” di Ciotti, pronti anche a spargere ipocrisia a piene mani. Una circostanza, questa, che farà forse riflettere La Torre (meno i suoi consiglieri, se ve ne sono). In ogni caso, il linguaggio dei fatti appare univoco. Negli ultimi nove mesi “Libera” ha tenuto tre affollate Assemblee nazionali, nelle quali i nuovi organismi direttivi sono stati votati praticamente all’unanimità. Nessuno è perfetto, ma è davvero difficile parlare di una carenza di democrazia nei processi partecipativi. Quanto alle presunte tiepidezze, o peggio ancora omissioni a fronte di certe illegalità o manifestazioni mafiose, non si possono dimenticare le denunce pubbliche di Ciotti sul pericolo mafia nella città di Roma formulate ad esempio nell’ottobre 2014, all’apertura di “Contromafie”. O le richieste del marzo 2014 di un albo sugli amministratori giudiziari, con trasparenza e rotazione negli incarichi, compreso un tetto ai compensi. Più in generale non si può ignorare la limpida condanna che Ciotti, in epoche assolutamente “non sospette”, ha sempre scagliato contro l’antimafia opaca, da operetta o da partita IVA. Ed è più che logico dedurne una sua speciale e concreta attenzione per rendere “Libera” immune da questi mali e salvaguardarne la pulizia morale. Testimoniata del resto dal lavoro quotidiano dell’associazione: a partire dall’esposizione delle facce dei suoi giovani in moltissimi tribunali italiani, per sostenere, a fronte degli imputati detenuti e dei loro familiari, le tante costituzioni di parte civile contro la mafia che sono prova inconfutabile di coscienza civica e coraggio. (Gian Carlo Caselli, Il Fatto Quotidiano, 4/12/2015)