Una porta aperta
Una porta aperta come metafora di uno stile nuovo da pensare, progettare, realizzare fino a quando non risulterà spontaneo spalancare portali e portoni. Una porta aperta sul mondo, sui suoi mali e sulle sue bellezze, sul grido dei poveri e sulle speranze che si ha quasi pudore a sussurrare. Una porta che si apre in ogni chiesa perché vi sia anche il frastuono delle città ad unirsi al gregoriano e il profumo d’incenso a mischiarsi allo smog. Ma anche i racconti della strada a inserirsi negli interlinea dei catechismi. E che si aprano le porte dei palazzi della politica per curare l’uguaglianza proclamata e ferita, rianimare la sete di libertà e di giustizia di ogni periferia delle città e del mondo e cominciare a tradurre fraternitè in ogni lingua e dialetto. Spalancare la porta santa delle nostre esistenze come un gesto rivoluzionario capace del miracolo dell’accoglienza. Una porta aperta come cifra di ogni scelta, di ogni sguardo, del coraggio. E allora anche un anno si trasforma in palestra ed esercizio di umanità nuova che impara a declinare i verbi dell’incontro e della fiducia, del dialogo e della scoperta. È questa la fede che, quando la paura bussa, apre la porta e non trova nessuno.