Lo sciopero di al-Qiq
Anche noi con questo frammento quotidiano vogliamo contribuire a far conoscere la situazione di Muhammed al-Qiq, giornalista palestinese trentatreenne corrispondente della rete televisiva Saudi News Agency Almajd. Con l’accusa di terrorismo ma senza uno straccio di prova, il 21 novembre scorso è stato prelevato dalla sua abitazione di Ramallah dalla polizia israeliana. Da quel giorno è sottoposto a “detenzione amministrativa”, un istituto che consente di detenere una persona senza accusa né processo. In questo modo il detenuto non conosce esattamente quali sono le accuse contro di lui e non può difendersi, e tantomeno sa quando verrà celebrato il processo. Dal 25 novembre al-Qiq ha iniziato uno sciopero della fame ad oltranza e il 4 febbraio un medico indipendente che l’ha visitato, ha dichiarato che è in “imminente pericolo di vita”. Per la verità l’Alta Corte israeliana ha deciso di sospendere la carcerazione ma solo per poterlo trasferire in un centro sanitario il tempo necessario per prestargli le cure dovute ma al-Qiq ha deciso di proseguire con la sua forma di protesta. Lo sciopero della fame di quest’uomo che continua a restare ammanettato a letto ci pare una scelta nonviolenta che va fatta conoscere, deve suscitare proteste, chiedere l’abolizione dell’istituto della “detenzione amministrativa” eppure, tranne una lodevole eccezione, non abbiamo trovato traccia di denuncia della situazione sui giornali italiani. 76 giorni di digiuno sono una provocazione anche per la nostra coscienza.