Quando si tratta di votare
Alla vigilia delle elezioni amministrative mi chiedo chi votare. Ovvero quali sono i candidati in cui mi riconosco. Ce ne sono alcuni da cui mi sento lontano anni luce perché rappresentano esattamente il contrario di quello che penso oppure non hanno nemmeno uno straccio di programma con cui misurarmi. Alcuni poi – si capisce – hanno fatto un facile copia/incolla di cose già viste e già sentite. Poi ce ne sono altri che dicono e scrivono belle cose ma che appaiono assolutamente inaffidabili per tenuta politica o per inesperienza o per credibilità morale. Ce ne sono alcuni che non hanno mai mostrato alcun interesse per la cosa pubblica e che nella loro vita non hanno mai fatto parte di un'associazione culturale o di volontariato, non hanno mai avuto interessi sociali. Forse la bocciofila... Sono quelli che istintivamente scarto. Possono essere destinatari di una buona formazione politica, ma non possono avere la pretesa di rappresentare un'intera comunità o una parte di cittadini. E non parlo solo di quelli chiamati a riempire le liste come si usa fare adesso contando sui voti del parentado o del giro degli amici del bar. A volte sono candidati a guidare l'intera città. Per conto di chi? - mi chiedo. E, quindi, il criterio per la scelta del candidato da votare è il risultato di quelle due coordinate: idee e programma più affidabilità (morale e di competenza) della persona. Ultimamente mi è successo di parlare in pubblico di Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay, che ha passato 14 anni di carcere duro tra torture e isolamento, ha contribuito in modo determinante a liberare il suo Paese dalla dittatura e da presidente ha continuato ad abitare nella sua modestissima casa alla periferia di Montevideo, ad usare il suo maggiolino e a devolvere il 90% del suo stipendio da capo dello Stato. Da votare ad occhi chiusi.