Posto occupato
Qualche tempo fa sono stato invitato dalla Chiesa Valdese di Perugia a tenere una riflessione durante il culto domenicale. Entrando mi ha colpito da subito il drappo rosso posto su una delle sedie dell’aula stessa. Ne ho chiesto la ragione al pastore che mi ha risposto che si trattava di un’iniziativa assunta dall’intera chiesa per ricordare le donne vittime della violenza. L’iniziativa si chiama “posto occupato”. Quel posto sarebbe stato di una donna che purtroppo non c’è più: è stata uccisa da un uomo. M’è sembrato da subito un segno forte ed eloquente, di denuncia e di testimonianza, una presa di parte senza condizioni. Per questo penso che sarebbe significativo che ogni aula pubblica, chiesa, tribunale, consiglio comunale e, perché no, anche cinema, teatro e stadio, possa e debba fare la stessa cosa. Per far comprendere come la soppressione di una vita è sempre una sottrazione, provoca un’assenza che non deve essere dimenticata. Dall’inizio dell’anno i “femminicidi” sono stati 59 eppure il mio programma di scrittura del pc continua a segnalarmi come inesistente il termine femminicidio. Una categoria che ha significati, modalità, ragioni... che rendono quella sottrazione di vita particolarissima rispetto a tutte le altre violenze. Per questo, quel posto occupato è una provocazione a riflettere e a denunciare, a vigilare e a non dimenticare.