In buona fede?
Dopo 7 anni la commissione Chilcot arriva a dire che forse per la guerra in Iraq qualche problema c’è stato. Ma l’interessato, Blair, si scusa, come aveva già fatto Bush, e rivendica la propria ‘buona fede’.
Come si può fare una guerra in buona fede?
Come può un presidente o un primo ministro parlare di una scelta del genere, la guerra, fatta in buona fede?
La buona fede è un’altra cosa: è di chi compie un gesto che magari si rivela sbagliato, ma almeno lo ha fatto senza nessun tornaconto o interesse.
Di fronte a questa scelta di guerra dobbiamo chiederci: quali interessi c’erano in campo? Cosa c’era da guadagnare?
La vita degli iracheni non interessava allora e non interessa oggi.
Quanti sono stati i morti per la guerra in Iraq? Sappiamo il numero esatto dei morti inglesi, italiani, statunitensi, ma non degli iracheni.
Alla faccia della buona fede.
Domenica prossima leggeremo a Messa la parabola del buon Samaritano: Gesù ci indica come modello il Samaritano che si ferma, non il sacerdote e il levita che passano oltre.
Papa Francesco, qualche giorno fa, ha denunciato l'ipocrisia di chi parla di pace e alimenta la guerra: “Mentre il popolo soffre, incredibili quantità di denaro vengono spese per fornire le armi ai combattenti. E alcuni dei paesi fornitori di queste armi, sono anche fra quelli che parlano di pace. Come si può credere a chi con la mano destra ti accarezza e con la sinistra ti colpisce?”.
Siamo tutti interpellati sulla nostra buona fede: giornalisti, politici.. ma anche ognuno di noi.
Il rischio di abituarci alla guerra, di credere che vendere armi sia un buon affare, l’esultanza per il progetto degli F-35, la convinzione che le banche siano fatte per guadagnare e non ci interessa sapere dove e come investono e sulla pelle di chi, l’indifferenza di fronte alle tragedie “lontane” è un rischio reale per ognuno di noi.
Ne va della nostra buona fede, quella vera.