Sete di pace e sete di denaro
Le giornate di "Sete di pace", l'incontro interreligioso per la pace dei giorni scorsi in Assisi, sono state strabordanti di presenze di religioni e di lingue tanto diverse tra loro. Il distillato prezioso dell'evento non si ritrova tanto nella solenne dichiarazione finale, nei discorsi pubblici e nell'immagine massmediatica che ne è emersa quanto nell’incontro di volti e di storie, di dolore e speranza, di vite strappate alla violenza e di riconciliazioni insperate. Oltre che nella semplicità delle strade di Assisi, tutto questo è emerso nei panel tematici a cui l'informazione non ha dato sempre il dovuto risalto. Nel panel dal titolo "Il terrorismo nega Dio" tra le voci non programmate s'è levata la testimonianza di Ivette, una ragazza scampata alla violenza scatenatasi nella Repubblica Centrafricana che ha detto: "I ribelli che ci hanno inseguito mentre tentavamo di scappare, erano ben equipaggiati con armi particolarmente moderne ed efficienti, ma in Centrafrica non ci sono industrie di armi. Quelle armi provengono dall'Europa. La prima cosa da chiedersi è da dove hanno preso i soldi per acquistarle e chi gliele ha vendute". Commossa, Ivette ha proseguito chiedendo "perché alla sete di denaro devono essere sacrificate tante vite umane?". Una domanda semplice semplice che interpella noi, le nostre coscienze e anche la nostra capacità di mobilitarci per sconfiggere questa logica perversa di cui dobbiamo sentirci collettivamente responsabili.