TESTIMONI

Geries Sa’ed Khoury

La resistenza “profetica” del teologo palestinese direttore del Centro Al-Liqa di Betlemme.
Norberto Julini (Educatore, scrittore)

Geries ci ha lasciato improvvisamente lo scorso mese di febbraio, a Roma, mentre correva verso il Vaticano dove avrebbe dovuto attenderlo papa Francesco, o forse non più. A quel possibile incontro Geries non arrivò. Portava con sé un dono di cui andava fiero, la sua ultima opera storico-teologica sulla figura di Sofronio, il vescovo di Gerusalemme che nel 638 accolse il successore del Profeta Maometto, il califfo Omar, giuntovi alla testa dell’esercito musulmano. A ricostruire il contesto di  quell’incontro drammatico e denso di significati per il modo in cui avvenne, Geries ha dedicato le sue ultime energie di ricercatore e pensatore. Omar si era fermato sulla soglia del Santo Sepolcro, riconoscendo la sacralità del luogo della Resurrezione secondo la fede cristiana; Sofronio gli aveva offerto le chiavi della città sacra  anche per i fedeli musulmani.

Con la croce

Geries pensava che su quei gesti di due protagonisti di una svolta epocale si potesse fondare il dialogo interreligioso cui egli aveva dedicato gran parte della sua vita nel ruolo prestigioso e autorevole di direttore del Centro Al Liqa (Il Dialogo) di Betlemme.

Arabo, palestinese, cristiano, melkita, cittadino israeliano, Geries visse la molteplice appartenenza come una molteplice responsabilità, perfino nella vita pubblica del suo villaggio natale di Fassouta, del quale fu sindaco. La cittadinanza israeliana gli toccò in sorte per il suo essere originario della Galilea, spazzata dalla pulizia etnica del 1947/48 che travolse anche la sua famiglia, ma senza estinguere la presenza della componente arabo-cristiana, che si ostinò ad abitare, se non nei loro villaggi distrutti, almeno nelle  loro vicinanze. 

La sua storia personale è raccontata con commovente semplicità nel libro “Un palestinese porta la croce” scritto nel 2009 e pubblicato in Italia da EMI nello stesso anno. La croce non è soltanto la sofferenza e l’umiliazione del popolo palestinese, e di quella parte cristiana che lo compone, del dover vivere da sottoposto, da profugo, da recluso, da escluso nella terra che abita da secoli ininterrottamente, è anche la croce del silenzio delle Chiese locali sovente guidate da patriarchi occidentali nominati per intese politiche fra nazioni europee e impero ottomano prima, proseguite con Israele poi, sulla violazione dei diritti umani e del diritto internazionale in quel contesto. Nel suo libro, Geries fa puntuale denuncia di tali omissioni e compromissioni, fino alla svolta negli anni Settanta attraverso figure di vescovi, espressione del clero locale, che furono attivi nella denuncia dell’ingiustizia dilagante e perdurante nella Palestina occupata, come il patriarca melkita Hilarion Capucci o i vescovi Rayya e Chaccour.

Il dialogo

Incoraggiato da questo nuovo spirito che soffiava nelle Chiese orientali e dalla necessità di mantenere relazioni con i palestinesi musulmani senza diffidenze riguardo alla determinazione nel contrastare la politica d’insediamento coloniale di Israele, Geries promosse l’istituzione del Centro Al-Liqa (Il Dialogo) nel 1982: “Se noi, cristiani e musulmani, siamo stati capaci di venirci incontro dopo l’avvento dell’Islam, se noi a quei tempi siamo riusciti a mantenerci in dialogo, perchè non c’incontriamo oggi per purgare l’atmosfera, rimuovere i fraintendimenti, chiarire le posizioni, approfondire la conoscenza delle rispettive religioni e rafforzare la nostra unità nazionale liberandoci da pregiudizi e presunzioni, nonchè dall’ignoranza che ci lega, ci imprigiona e ci porta alla debolezza e alla morte?”.

Da allora Geries ha lavorato al Centro Al-Liqa come direttore fino alla sua morte, lasciando libri, riviste, atti di convegni come quello su “Teologia e Chiesa locale”.

Geries è andato così maturando quel “Programma per la teologia contestualizzata palestinese”, enunciato nel capitolo finale del libro.

È questo il lascito più originale di Geries, teologo. Così la teologia contestualizzata veniva definita nel 1987 in un documento scritto da un collettivo di laici ed ecclesiastici: “Essa è un’estensione del pensiero generale cristiano all’interno di un periodo determinato in cui una particolare comunità cristiana vive in condizioni speciali, in modo che quel pensiero permetta a questa comunità di vivere la propria fede in accordo con le esigenze presenti”. 

Un palestinese porta la croce” è un libro da leggere per conoscere Geries, ora che la grazia dell’incontro personale non è più possibile. Geries merita di essere incontrato ancora oggi in questo suo libro mentre si prepara un viaggio-pellegrinaggio in Palestina o semplicemente per farsi spiegare da lui quanto c’è di falso nella narrazione di una comunità cristiana che si vorrebbe oppressa dalla stragrande maggioranza musulmana, o semplicemente per farsi dire da lui quanto è pressante una lettura palestinese della Bibbia perchè “senza di essa si creerebbe nei cristiani palestinesi un autentico conflitto tra la loro fede e le loro esperienze di vita quotidiana”.

Testimonianza profetica la sua che gridò “Kairos, Palestina”, il documento dei cristiani orientali scritto a più mani nel 2009 anche dal teologo Geries. Questo il tempo di dire la verità, di far conoscere e riconoscere la storia e la cultura delle Chiese cristiane d’Oriente, le prime ad accogliere il Vangelo; è questo il tempo di richiamare la comunità internazionale alle proprie responsabilità nel fomentare la divisione, evocando inesistenti  processi di pace e mercanteggiando guerre lucrose in tutto il Medio Oriente. 

A queste invocazioni profetiche mancarono allora risposte di adeguato tenore anche delle Chiese d’Occidente e ora siamo qui a pagare il conto  dei nostri errori, commessi senza profezia e senza misericordia.

Raccogliendo l’invito di Geries a “leggere la Bibbia oggi a Gerusalemme” noi che lo abbiamo conosciuto, amato e stimato, ci siamo ritrovati il 23 e 24 settembre, al Sacro Monte di Varallo, Nuova Gerusalemme, a imitazione dei luoghi santi di Palestina, che Geries visitò nel 2010, restandone affascinato.

È stata un’occasione per tutti coloro che vogliono leggere i “segni dei tempi” che giungono da Oriente, attraverso l’umanissima figura di un testimone profetico come Geries Sa’ed Khoury su cui hanno riflettuto autorevoli biblisti e sacerdoti, esperti di Terra Santa, pellegrini verso le “pietre vive”, nella terra dove, dice il salmista,“giustizia e pace si baceranno”.

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