La parola nonviolenza
In questi ultimi tempi si è cominciato a scrivere nonviolenza in una sola parola, sicché si è attenuato il significato negativo che c’era nello scrivere non staccato da violenza, per cui qualcuno poteva domandare: ‘va bene, togliamo la violenza, ma non c’è altro?’ Se si scrive in una sola parola, si prepara l’interpretazione della nonviolenza come di qualche cosa di organico, e dunque, come vedremo, di positivo (A. Capitini, Le Tecniche della Nonviolenza, Milano, Feltrinelli, 1967, p. 9). Per queste e per altre ragioni un folto gruppo di studiosi e attivisti nonviolenti nei giorni scorsi hanno scritto una lettera all’Accademia della Crusca per chiedere che finalmente la parola nonviolenza possa essere inserita nel relativo dizionario enciclopedico e vocabolario della lingua italiana. Non si tratterebbe semplicemente di una legittimizzazione linguistica ma del riconoscimento di un processo, di una teoria e pratica che viene da molto lontano e che ha inciso profondamente nella storia dell’umanità forse più degli stessi conflitti armati. È come dire che si cerca semplicemente di trascrivere sullo spartito le note di una musica già conosciuta e che si continua ad eseguire in tanti angoli remoti del pianeta. Confidiamo negli accademici che hanno il potere di non lasciare orfano il pentagramma.