È passato il terremoto
Mi sono accorto che ad Assisi per indicare che c’è stato il terremoto dicono: “È passato il terremoto”. Quindi senti frasi del tipo: “Dov’eri quando è passato il terremoto?” oppure: “Quando è passato il terremoto mi sono spaventato tantissimo”. E lo dicono anziani e giovani, segno che non si tratta semplicemente di una forma dialettale. Mi sono fatto l’idea che sia uno strumento di difesa, una sorta di addomesticamento di una potenza incontrollabile che ci sovrasta, un modo per esorcizzare la paura. È come se il terremoto ci visitasse, attraversasse le nostre case (e la nostra vita). Inoltre quel verbo indica proprio uno stato tutt’altro che permanente, anzi piuttosto transitorio e passeggero. Un frangente che, benintesi, potrebbe essere fatale ma che se lo stai raccontando significa che non ti ha colpito. Insomma un meccanismo di difesa scovato nel fondo del sacco del linguaggio. Poi in realtà tutti continuiamo a coabitare con la paura e se sentiamo sbattere una porta o i vetri della finestra vibrare al passaggio di un camion o di un elicottero saltiamo sulla sedia. E se una scossa arriva sul serio e senti la sedia o il letto sobbalzare o giusto muoversi sinistramente, dici: “Sentito? È passato il terremoto”.