MARCIA PER LA PACE

Tutto nacque a Sotto il Monte

50 anni di Giornate mondiali per la Pace.
E poi la Marcia, nella notte del 31 dicembre.
La parola a un protagonista, presente a ogni edizione.
Luigi Bettazzi (Vescovo emerito di Ivrea e già presidente internazionale Pax Christi)

Quando, nel 1968, il Segretario della CEI, il vescovo Pangrazio, mi chiamò a Roma per propormi la presidenza della sezione italiana di Pax Christi (“Sei il più adatto” mi disse, e seppi poi che altri cinque vescovi avevano rifiutato in quei tempi di rivoluzione giovanile), cercai di raccogliere i rappresentanti di alcuni gruppi ancora in vita (diversi in Piemonte, dove era iniziato il movimento, altri a Milano, Firenze, Siena, Roma e nel Veneto), che radunammo a Milano con sedute frequenti, per ridare un volto a Pax Christi, dopo un tempo in cui era quasi diventato collaterale alla destra della DC. Ovviamente io, novizio di un impegno nel mondo della pace, ascoltavo molto i consiglieri (che rappresentavano un popolo ormai ridotto a un centinaio di membri), tutti relativamente giovani, che prepararono un nuovo Statuto, più adeguato alla situazione; così, ad esempio chiesero che il presidente, che era stato nominato dalla CEI (e, aggiunsero – bontà loro – che questa volta era andato bene, ma… in futuro?), fosse proposto dal Movimento e, se vescovo, come lo Statuto internazionale, chiedeva “en principe” – fosse confermato dalla CEI (che poi ha chiesto tre nominativi tra cui scegliere). 

A Sotto il Monte

Furono proprio i giovani che, rifacendosi alle Giornate Mondiali della Pace, indette da Paolo VI per l’inizio dell’anno proprio a cominciare dal 1° gennaio 1968, proposero di iniziare l’anno con una marcia (le Routes erano tipiche nell’attività di Pax Christi) che finisse in una chiesa dove la celebrazione dell’Eucarestia ci trovasse allo spuntare dell’anno nuovo. Andammo così, l’ultimo giorno del 1968, nel cortile della casa natale di papa Giovanni XXIII, a Sotto il Monte (oggi Sotto il Monte Giovanni XXIII) dove il noto servita Padre Turoldo ci tenne un discorso sulla pace (“la pace non è americana, come non è russa, romana, cinese; la pace vera è Cristo”), e di lì partimmo in marcia verso Bergamo (ventiquattro chilometri e un gran freddo, con la gente che ci guardava come fossimo matti!), con molti aggiuntisi nella vicinanza della città e con la Messa celebrata dal vescovo di Bergamo nella Cappella del Seminario allo scoccare della mezzanotte. 

1° GENNAIO 1968

Occorre sempre parlare di Pace! Occorre educare il mondo ad amare la pace, a costruirla, a difenderla; e contro le rinascenti premesse della guerra (emulazioni nazionalistiche, armamenti, provocazioni rivoluzionarie, odio di razze, spirito di vendetta, ecc.) , e contro le insidie di un pacifismo tattico, che narcotizza l’avversario da abbattere, o disarma negli spiriti il senso della giustizia, del dovere e del sacrificio, occorre suscitare negli uomini del nostro tempo e delle generazioni venture il senso e l’amore della pace fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà, sull’amore (cfr. Giovanni XXIII, “Pacem in terris”).

La grande idea della Pace abbia, specialmente per noi seguaci di Cristo, la sua Giornata solenne, all’inizio dell’anno nuovo 1968.

Noi credenti nel Vangelo possiamo infondere in questa celebrazione un tesoro meraviglioso di idee originali e potenti: come quella dell’intangibile e universale fratellanza di tutti gli uomini, derivante dall’unica, sovrana e amabilissima Paternità di Dio, e proveniente dalla comunione che – in re vel in spe – tutti ci unisce a Cristo; ed anche dalla vocazione profetica, che nello Spirito Santo chiama il genere umano all’unità, non solo di coscienza, ma di opere e di destini.

8 dicembre 1967

Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 1968

La prima Marcia

Un tema appassionante nel cammino per la pace era allora quello dell’obiezione di coscienza al servizio militare, in quel tempo non ammesso dalla legge; e per questo si decise di finire la Marcia, l’anno seguente, davanti al carcere di Peschiera, dove allora venivano rinchiusi gli obiettori. Con l’assenso del vescovo del luogo (come sempre poi si è chiesto), che era quello di Verona, ci fermammo a celebrare l’Eucarestia a Ponti sul Mincio e giungemmo a Peschiera per un sit-in nella piazza davanti alle carceri. La polizia, già messa in apprensione dai Radicali, che per tutta la giornata avevano monitorato l’ambiente, si acquietarono solo quando riscontrarono che tra i seduti in piazza per il sit-in c’era anche un vescovo.

Quanto alla località della Marcia, si cercavano luoghi tipici e consenzienti (a cominciare appunto dal…vescovo del luogo). Dopo Peschiera si andò a Filetto, presso l’Aquila, dove, durante la guerra, un ufficiale tedesco aveva fatto fucilare tredici partigiani per salvare il Paese, che Berlino aveva decretato venisse totalmente distrutto come rappresaglia di azioni partigiane. Poiché quell’ufficiale era poi diventato vescovo e lo stavano processando, assicurammo il card. Döpfner, arcivescovo di Monaco, che non avremmo ricordato quel nome, ma saremmo restati sul tema generale dell’obiezione di coscienza di fronte a leggi ingiuste. Si andò l’anno seguente a Condove, all’inizio della Val di Susa, dove gli operai delle officine Moncenisio s’erano rifiutati di costruire strumenti bellici, obbligando la direzione a ripiegare sulla costruzione di autocarri.

Le altre marce 

Così s’è girato l’Italia, cogliendo opportunità, come in Sicilia nella Valle del Belice a 5 anni dal terremoto, a Gemona, dopo il terremoto del Friuli e a Sarno, rovinata da un’inondazione o a Barbiana-Borgo S. Lorenzo nel ricordo di don Lorenzo Milani; così come andammo in Sardegna, a Iglesias, per le miniere del Sulcis, o a Varese per l’Aer Macchi e a Brescia per l’industria militare.

Nel 1983 il Presidente della Commissione Giustizia e Pace della Cei, il vescovo Bernini, fece sì che la Marcia divenisse attività nazionale e potemmo così farla a Roma, a Milano (due volte), ad Assisi, a Palermo, a Firenze, a Genova (sotto la neve!), praticamente in tutta Italia, da Bolzano e Trieste a Lecce, Potenza e Reggio Calabria. Iniziammo a far precedere la Marcia da una Giornata di studio, coinvolgendo personalità religiose (ad es. padre Härnig, P. Dall’Olio oggi scomparso in Siria, il card. Loris Capovilla, segretario di papa Giovanni XXIII) o civili (dal prof. Lazzati a Norberto Bobbio).

Pax Christi intanto cresceva di adesioni, e anche di impegni, in Italia (come la III Assemblea mondiale, a Tcrino, dei cristiani solidali con Vietnam, Laos e Cambogia) e all’estero (come la partecipazione agli incontri con la Chiesa ortodossa russa – a Vienna nel 1974, a Leningrado nel 1976, a Londra nel 1978, a Mosca e Zagorsk nel 1980, ad Anversa nel 1983, a Odessa e Mosca nel 1985 – e la Missione in Centro America nel1981).

L’iniziativa è poi stata ripresa da altri, a cominciare dal Servizio missionario giovani, di cui ci servimmo per la Marcia nazionale di Torino nel 1975 e che ha poi continuato ogni anno in quella città. E non possiamo non ricordare in particolare le Marce condotte da mons. Tonino Bello, che le ravvivava con i suoi interventi pieni di entusiasmo e di concretezza, fino a quella del 31 dicembre 1992, che fu tenuta proprio a Molfetta (all’ultimo momento Bari aveva presentato difficoltà) dove seimila giovani marciarono sotto la pioggia dopo aver sentito l’appello di don Tonino, reduce dalla Marcia di Sarajevo, che dava loro l’incitamento e l’addio (sarebbe morto pochi mesi dopo).

Ci sembra, dunque, che la Marcia, pensata e voluta dai giovani, non solo sia stata e sia per il Movimento un’occasione di riflessione sui temi proposti dal Papa e di alimentazione della solidarietà interna, ma sia stata e possa essere sempre più un mezzo per sensibilizzare la comunità italiana sui problemi urgenti della società civile ed ecclesiale e per alimentare l’aspirazione alla pace, e per di più nella finalità ogni anno suggerita dal tema e dal messaggio proposto dal Papa. Quest’anno in particolare il tema della Marcia (e del Convegno che la precede, a Bologna, il 30 e 31 dicembre) sarà ancora una volta (lo fu già nel 1977) sulla nonviolenza come messaggio cristiano e condizione necessaria per una vera pace, secondo quanto papa Francesco ha proposto come tema di questa Giornata Mondiale per la pace, già preparata dal Convegno della Commissione pontificia Giustizia e Pace e di Pax Christi internazionale (“Non guerra giusta, ma pace giusta”).

Dobbiamo essere grati al Signore e a quanti nel corso di questi cinquant’anni hanno lanciato e servito l’iniziativa, a cui di cuore auguriamo almeno… altri cinquant’anni di vita e di sviluppo!

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