CETA

Una testa

9 dicembre 2016 - Alex Zanotelli

“Le disuguaglianze e il riscaldamento sono le principali sfide del nostro tempo” – scrive il noto economista francese T. Piketty. Da qui la necessità di stipulare trattati internazionali che consentano di rispondere a queste sfide promuovendo un modello di sviluppo sostenibile. Da questo punto di vista, l’Accordo commerciale tra Canada e Unione Europea (CETA) è un trattato di altri tempi. E va quindi respinto”.

Piketty, autore del noto studio Il Capitale del XXI secolo, motiva così questo suo giudizio sul CETA. “Il trattato è di natura strettamente commerciale e non contempla alcuna misura vincolante sul piano monetario o climatico.”

Penso che Piketty abbia colto, in poche parole, il perché il CETA vada respinto al mittente. È questo il momento di farlo. Infatti, il 30 ottobre si sono chiusi a Bruxelles i negoziati portati avanti, per sette anni, in maniera quasi segreta, dalla Commissione Europea e dal governo canadese. Questo nonostante le proteste popolari e mediatiche culminate nella coraggiosa opposizione del Parlamento Vallone, purtroppo superata dal Sì del Belgio alla condizione però che l’ok finale dovrà essere dato non solo dai parlamentari del Canada e dell’UE, ma anche da quelli dei 27 Paesi della UE. Ora tocca al Parlamento Europeo discuterlo e approvarlo, facilmente a fine gennaio/inizio febbraio. Per questo è necessario far montare, come abbiamo fatto per il TTIP (Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti), una Campagna mediatica contro il CETA.

Ma dobbiamo fare uno sforzo grande per informare i cittadini sul perché rifiutiamo questo Accordo. Questo trattato è prima di tutto un grande regalo alle multinazionali e una lotta al ruolo e alle competenze dei governi ed enti locali. Il trattato, infatti, prevede l’abbattimento delle cosiddette “barriere non tariffarie”.

Questa è un’espressione precisa per definire l’attacco al diritto al lavoro, alla difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici come acqua, scuola, sanità. Il Trattato poi prevede il diritto delle multinazionali di chiedere compensazioni agli Stati contro l’espropriazione indiretta dei profitti previsti. Una clausola che consente alle multinazionali di citare gli Stati davanti a tribunali arbitrali.Il CETA poi contiene clausole che impediscono la ripubblicizzazione dei servizi idrici, ferroviari….

Inoltre l’Accordo prevede un “Forum sulla cooperazione regolatoria” che istituzionalizza l’influenza delle lobby nel processo legislativo. In poche parole, il CETA consentirebbe ad almeno 40 mila multinazionali USA tra le quali Coca Cola, Wal Mart e tante altre di ottenere grandi benefici nei 27 Paesi dell’UE. Quest’Accordo  poi, se approvato dal Parlamento Europeo, aprirà le porte agli altri due Trattati ancora più pericolosi: il TTIP (Partenariato Commerciale USA-UE ) e il TISA (Accordo sul Commercio dei Servizi).

Il TTIP è ora su un binario morto, sia per la forte opposizione popolare sia per l’arrivo di Trump. Ma in questo momento i prestigiatori finanziari potrebbero tirar fuori dal cilindro il più pericoloso di tutti i trattati: il TISA che impedirebbe i monopoli pubblici (educazione nazionale) e fornitori esclusivi di servizi, anche a livello regionale e locale (per esempio le municipalizzate per i servizi idrici).

Come cittadini non possiamo accettare l’approvazione di questi accordi il CETA, TTIP, TISA che consegnerebbero l’Europa e il mondo alle sole logiche del mercato. È proprio quanto Papa Francesco bolla con tanta forza: “L’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria”.

Se vogliamo bloccare questa deriva, dobbiamo fermare ora il CETA che apre le porte a tutto il resto. Il tempo è breve, febbraio è alle porte. Per informazioni ulteriori, basta entrare nella rete#stopttipItalia che porta avanti anche la Campagna contro il CETA. Mobilitiamoci!

È quanto ci invita a fare papa Francesco, che parlando al terzo Congresso Mondiale dei Movimenti Popolari tenutosi a Roma il novembre scorso ha detto: “Quando strillate, quando gridate, quando pretendete di indicare al potere una impostazione più integrale, allora non ci si tollera più tanto perché state uscendo dalla casella, vi state mettendo sul terreno delle ‘grandi decisioni’ che alcuni pretendono di monopolizzare in piccole caste”.

Insieme ce la possiamo fare.

 

Napoli, 8 dicembre 2016

 

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