Il Vangelo incompatibile con le mafie
Le parole pronunciate da Papa Francesco ieri ai componenti della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo costituiscono un ulteriore pietra miliare verso quel rigetto più che auspicabile delle mafie da ogni possibile collusione, copertura, connivenza, contiguità, o semplicemente incomprensione (ignoranza) da parte delle comunità cristiane. Insomma d'ora in poi ancora di più nessun prete, nessun laico impegnato, nessun religioso potrà dire: “io non sapevo” o “non avevo capito”. Nessuno potrà porsi al riparo dietro una pretestuosa lettura del Vangelo della misericordia per poter garantire privilegi e onori a un esponente delle mafie nostrane. Il Vangelo è incompatibile con quel mondo, con la sua falsa cultura, con le sue conseguenze, con il suo stile. “Il fenomeno mafioso, quale espressione di una cultura di morte, - ha detto solennemente Francesco - è da osteggiare e da combattere. Esso si oppone radicalmente alla fede e al Vangelo, che sono sempre per la vita. Quanti seguono Cristo hanno pensieri di pace, di fraternità, di giustizia, di accoglienza e di perdono. Quando la linfa del Vangelo scorre nel discepolo di Cristo, maturano frutti buoni ben riconoscibili anche all’esterno, con corrispondenti comportamenti (...)”. E un Papa argentino non poteva trascurare il pericolo della dimensione internazionale del fenomeno mafioso al tempo della globalizzazione: “La società – ha detto - ha bisogno di essere risanata dalla corruzione, dalle estorsioni, dal traffico illecito di stupefacenti e di armi, dalla tratta di esseri umani, tra cui tanti bambini, ridotti in schiavitù. Sono autentiche piaghe sociali e, al tempo stesso, sfide globali che la collettività internazionale è chiamata ad affrontare con determinazione”.