Vitalizi e privilegi
Il dibattito in corso sull’eliminazione dei vitalizi e di altri privilegi a favore di parlamentari, senatori e consiglieri di Regione, viene troppo spesso presentato come uno dei provvedimenti necessari per risanare le casse dello Stato. Non conosco dati che possano confermare l’incidenza reale in tal senso, ma francamente non ritengo che sia questo il vero problema. La questione si pone in termini di equità, solidarietà e immagine. Equità, perché anche le persone impegnate nelle istituzioni a rappresentare la sovranità del popolo possano allinearsi al trattamento economico riservato alla stragrande maggioranza dei cittadini. Solidarietà, per dare un segnale forte e comprensibile in un tempo segnato dalla recessione. Immagine, per tentare di ristabilire un minimo di fiducia con una classe politica che, alla luce di scandali e di cronache ordinarie di casi di corruzione che coinvolgono persone impegnate nelle istituzioni, non sembra indicare che l’impegno politico sia caratterizzato dal servizio al bene comune quanto piuttosto da qualche piccolo o grande vantaggio personale in termini di soldi o di potere. Insomma, l’eliminazione di quei privilegi è operazione culturale (nel senso che contribuirebbe a creare un nuovo clima politico e sociale) piuttosto che economico. Uno sforzo necessario che viene richiesto alla politica e che, francamente, non pare un sacrificio ma un atto di giustizia.