Quando il razzista la fa franca
Quello degli stadi è un razzismo strisciante e malevolo che, forse, non riguarda la stragrande maggioranza dei tifosi e degli sportivi, ma che non per questo deve lasciarci indifferenti. Né può essere relegato alle pagine sportive dei quotidiani, perché ci riguarda tutti. Al di là dei distinguo fatti valere alla luce dei codici della giustizia sportiva, l’episodio che ha riguardato Muntari, domenica scorsa, e culminato con la decisione della sua espulsione e conseguente squalifica per un turno, con tutta evidenza appare come il peggiore dei paradossi in cui la vittima è punita e il razzista la fa franca. Il messaggio che passa è che si può: insultare pesantemente un calciatore al di là della sua prestazione e solo per il colore della sua pelle; contare sull’omertà degli altri spettatori e dei calciatori che invece dovrebbero fermarsi e reagire; imbonire un arbitro confuso e inerte. Sogno il momento in cui al coro spregevole della minoranza risponda l’urlo di tutti gli altri: “Razzismo no!” o, più semplicemente: “Scemi, scemi”. Perché anche chi non sa di calcio e dintorni comprende che in ogni gioco conta esclusivamente la bravura del giocatore e non il colore della sua pelle.