Le orme di Falcone
Il venticinquesimo anniversario della strage di Capaci è sicuramente occasione propizia per ripensare al debito di ossigeno che la nostra democrazia ha contratto verso tutte le persone che sono rimaste brutalmente uccise dal fragore vile e tragico dell’esplosione su quella strada. Ma è anche il momento per comprendere quali lezioni - aggiornate e corrette – Giovanni Falcone continua a impartire oggi a politica, magistratura, società civile, informazione, mondo imprenditoriale… Ed è impressionante constatare come, anche in uno scenario così profondamente mutato, resta tutto molto attuale ed efficace. È impressionante osservare come non sono stati sostanzialmente molti i passi avanti compiuti in termini di intuizioni, metodologia di indagini, atteggiamenti che sappiano porsi come argine al dilagare della cultura mafiosa, connivenze, complicità, contiguità, collusioni… Falcone sarebbe amareggiato e deluso da un’antimafia utilizzata strumentalmente per garantire visibilità e immagine, per fare carriera, per rifarsi una verginità sociale. Contesterebbe la frequentazione dei salotti televisivi che sottraggono tempo al lavoro quotidiano da dedicare piuttosto a vigilare sul proprio operato e a far progredire studio, conoscenza, investigazioni e contrasto attivo a quella malapianta che cambia pelle e penetra negli interstizi lasciati vuoti in maniera interessata o distratta. Falcone era persona che non abbandonava nulla al caso e condannava la superficiale banalità con cui troppo spesso si abbassa la guardia. Per fortuna resta l’orma lasciata da quei servitori dello Stato lasciata nelle procure e nelle strade e che tutti siamo chiamati – anche a distanza di 25 anni - a seguire scrupolosamente.