Lezioni di antimafia in Vaticano
È bastato un discorso lungo una sola paginetta a Papa Francesco per far capire ai membri della Commissione parlamentare antimafia come la pensa. E se per chi lo conosce era pressoché scontato che avrebbe parlato della corruzione come brodo di coltura nel quale le mafie crescono e prosperano e della confisca dei beni riutilizzati in senso sociale come di un punto d'orgoglio della legislazione italiana, mi sembra utile e importante che i parlamentari abbiano ascoltato che "lottare contro le mafie significa non solo reprimere. Significa anche bonificare, trasformare, costruire, e questo comporta un impegno a due livelli. Il primo è quello politico, attraverso una maggiore giustizia sociale, perché le mafie hanno gioco facile nel proporsi come sistema alternativo sul territorio proprio dove mancano i diritti e le opportunità: il lavoro, la casa, l’istruzione, l’assistenza sanitaria". Ma il Papa argentino ha volato alto quando ha detto: "Oggi non possiamo più parlare di lotta alle mafie senza sollevare l'enorme problema di una finanza ormai sovrana sulle regole democratiche, grazie alla quale le realtà criminali investono e moltiplicano i già ingenti profitti ricavati dai loro traffici: droga, armi, tratta delle persone, smaltimento di rifiuti tossici, condizionamenti degli appalti per le grandi opere, gioco d’azzardo, racket". Chissà se ciascuno dei parlamentari, uscendo dalla Sala Clementina, ha interrogato la propria coscienza chiedendo che cosa sta facendo concretamente per contrastare le mafie nella direzione indicata da un Papa venuto dalla fine del mondo.